Nato a Faenza all’inizio degli anni ’60, è formato in Teologia, Filosofia, Psicopedagogia e Pedagogia clinica. Attualmente insegna Religione, fa il Formatore e il pedagogista clinico. Non condivide le conclusioni dell’articolo della dott.sa Alessandra Rigoli sulla vicenda di Charlie Gard, pur avendo il pregio di offrire ragionamenti concreti e competenti, che raramente si trovano in giro su questioni così delicate.
Ho letto con grande attenzione l’articolo della dott.sa Alessandra Rigoli sulla triste vicenda di Charlie Gard. Dico subito che non condivido le conclusioni della dott.sa, che ritiene corretta la scelta operata, di lasciarlo morire in quel modo. Forse in un modo diverso, sarebbe stato più umano, e avrei anche potuto accettarlo, ma non in quel modo! L’articolo, però, ha il pregio di offrire, finalmente, ragionamenti concreti e competenti, che raramente ho trovato in giro su questioni così delicate.
“Il mio è solo il parere di un medico cattolico che si pone, senza idee prefissate o preconcetti, ma cercando uno sguardo di verità e carità, di fronte alle singole e specifiche situazioni che incontra” afferma la Rigoli che ritiene, nel caso di Charlie, si siano rispettate le indicazioni cattoliche. Per Charlie, infatti, giustamente non si può parlare di Eutanasia, ma di “interrompere alcuni atti medici, artificiali, che lo tengono in vita, ma senza alcun risultato in termini di autonomizzazione presente e futura”. E questo è ammesso dalla Chiesa. E fino a che punto è giusto mantenere questi atti medici artificiali? Anche qui la Rigoli risponde con chiarezza, secondo quanto la dottrina cattolica ha già deciso da tempo. “Se un atto causa più sofferenza rispetto ai vantaggi terapeutici che arreca è dannoso, inutile, ingiusto”. La riflessione continua nell’ ALLEGATO