È di un anonimo abitante della zona rossa la breve riflessione che segue. Tanto semplice quanto profonda.
A tutti noi che abitiamo al limite della zona rossa, quella della quarantena, oggi la situazione ci sembra davvero surreale. Esiste una linea Maginot che non possiamo oltrepassare, valichi che fino a sabato erano quotidiani passaggi. Anche qua, nella zona gialla, ci hanno imposto divieti, limitazioni. Ascolto la scienza, e mi fido degli scienziati. Ascolto i tecnici e mi affido a loro. Quindi, tutto questo è giusto.
Tuttavia, credo che questa esperienza rimarrà segnante, non tanto per le conseguenze del virus, ma perché, anche a quelli della mia generazione – non propriamente degli adolescenti – ci ha restituito una diversa prospettiva di mondo. Quello che ti sembrava lontano, dall’altra parte degli oceani, in un attimo te lo trovi in casa. Quello che in maniera spesso qualunquistica credi che sia altro e per altri, nel volgere di mezza giornata diventa tuo.
Ma io sono un inguaribile ottimista, uno che vede sempre il bicchiere mezzo pieno anche quando è vuoto per tre quarti. E c’è una cosa che ho imparato ad apprezzare ancora di più di quanto – e tanto – non abbia fatto fino ad oggi: la normalità. La splendida normalità, le cose che ti sembrano scontate, routinanti, declinate alla ridondanza del quotidiano. Spesso ti accorgi di quanto valore ci sia nella normalità, di quanta libertà stia dentro il quotidiano, solo nel momento in cui essa vira a divieto, limite, confine invalicabile.
La noia, lo stress, l’uniformità, in fondo non sono che consumati sinonimi della ridondanza del normale. E pensandoci bene invece, lì dentro c’è tutta la libertà del mondo. Se riusciremo a capirlo, una parte della battaglia contro il coronavirus, l’avremo già vinta.
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