Il quadro inquietante dell’export bellico nostrano (oltre 5 miliardi di euro) nella Relazione governativa trasmessa nei giorni scorsi al Parlamento. Critiche da Rete per il disarmo e Rete della Pace
Armi italiane all’Egitto. Nonostante le nebbie sull’omicidio di Giulio Regeni. Nonostante la guerra in corso nella vicina Libia. Nel 2019 l’Italia ha autorizzato la produzione e vendita di oltre 5 miliardi di armi a Paesi in gran parte estranei alla Nato e all’Unione europea. E il cliente migliore è stato proprio il Paese guidato dal presidente Abdel Fattah Al Sisi, il cui governo continua a non collaborare con l’Italia nelle indagini sull’assassinio del ricercatore friulano. E sul quale pesano sospetti internazionali di violazione dell’embargo Onu verso la Libia, per rifornimenti di armi alle milizie di Haftar. L’altro migliore cliente dell’Italia è il Turkmenistan, guidato da un regime autoritario, accusato di costanti violazioni dei diritti, nel 2018 al terz’ultimo posto su 180 paesi nella classifica mondiale della libertà di stampa di Reporters sans frontières.
Eccolo il quadro dell’export bellico italiano, a quanto emerge dai dati aggregati per il 2019 della Relazione governativa trasmessa nei giorni scorsi al Parlamento, anche quest’anno con grave ritardo. Il rapporto è richiesto dalla Legge 185/90 che regola l’esportazione dei sistemi militari italiani. Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace hanno potuto esaminare il capitolo introduttivo, redatto dalla Presidenza del Consiglio, che riassume i documenti dei dicasteri coinvolti nell’iter autorizzazione, coordinato dall’Autorità Nazionale Uama (Unità per le Autorizzazione dei Materiali di Armamento) del Ministero degli Esteri. Continua nell’ ALLEGATO
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