Carissime, Carissimi,
il richiamo del Papa appena riportato in copertina è davvero molto forte. Non è la prima volta che segnala situazioni di ingiustizia internazionale, ma questa volta ci tocca da vicino e scomoda le nostre coscienze. E di fronte ad una provocazione così decisa ci vuole una risposta altrettanto decisa. È la proposta dei CORRIDOI UMANITARI, sostenuta con coraggio e intelligenza da Aldo BONAIUTO, sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII, in una lettera pubblicata due giorni fa sul quotidiano Avvenire e che riportiamo integralmente.
L’altra sera in una strada della prostituzione del Centro Italia una ragazza nigeriana, al quinto mese di gravidanza, mi ha descritto l’orrore della sua prigionia in Libia, e lo stupro subito e della ‘madame’ incaricata di indirizzarla al mercimonio. Le ho chiesto chi l’avesse messa incinta e mi ha risposto: ‘i cattivi in Libia’, mostrandomi la schiena piagata dalle frustate.
In tanti anni sulle strade della tratta ho visto che i ‘cattivi’ non si trovano soltanto aldilà del mare, ma anche tra coloro che lasciano mano libera ai trafficanti senza arrivare mai a una politica internazionale che tolga alle organizzazioni criminali un formidabile strumento di sfruttamento e di arricchimento. Persino nelle guerre più cruente e nei momenti nei quali sembrava smarrito ogni senso di umanità, la salvaguardia dello straniero, maggiormente esposto e fragile, è stata sempre riconosciuta e garantita. Una regola non scritta ma ovunque osservata fin dall’antichità, attribuisce all’ostaggio, al fuggitivo uno status di persona che scappa da morte certa e perciò merita tutela e misericordia. La storia ci insegna che, durante qualsiasi conflitto, negoziare e aprire vie di salvezza per fasce di popolazione particolarmente oppresse è l’unica soluzione praticabile per scongiurare stragi di innocenti. Continua nell’ ALLEGATO
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