In questa intervista Gigi Maccalli liberato in Mali dice: «Non sento di essere ancora tornato a casa: casa mia è a Bomoanga in Niger».
«Quello che ho potuto fare in questi due anni di prigionia è stato umanizzare le relazioni con i miei carcerieri, che erano ragazzi giovani: è stato un vivere relazioni umane. A chi aveva mal di denti ho dato un paracetamolo, una medicina per alleviare il dolore. Con un altro abbiamo avuto uno scambio, perché voleva imparare a leggere e scrivere i numeri in francese e ogni sera veniva da me e ripeteva la lezione. E poi ecco: per sigillare questo patto di fraternità ha voluto il mio zaino e io ho preso il suo».
A parlare in questa lunga intervista rilasciata ieri a Popoli e Missione, nella sede della Congregazione missionaria cui appartiene, la SMA a Roma, è padre Gigi Maccalli, missionario di Crema rapito in Niger due anni fa e rilasciato l’8 ottobre scorso in Mali.
«Voi dite che sono tornato a casa, ma io posso assicurarvi che non sono ancora arrivato a casa mia. Casa mia è a Bomoanga, in Niger».
Padre Gigi non trattiene le lacrime quando parla della sua comunità di Bomoanga e confida i suoi sentimenti più profondi, raccontandoci il senso della condivisione, persino in prigionia.
«Non c’è richiesto di fare miracoli in questa vita, ma di vivere la fraternità nel quotidiano. Portare l’umanità di quanti incontriamo, e poi Dio fa grandi cose: Dio divinizza». Continua nell’ ALLEGATO
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