Carissimi amici ed amiche,
l’anno scorso vi scrivevo per la Pasqua la mia angoscia per essermi scoperto contagiato dal coronavirus, la sensazione di vuoto, paura, disperazione, insicurezza… e il sentirmi in profonda comunione con i miei fratelli i poveri di Lima che vivono queste realtà ogni giorno…
E adesso ancora di più, dopo un anno si pandemia. Mi scrivevano in questi giorni:
«Molti dei nostri amici della Parrocchia sono morti e il terrore e la disperazione si sono impossessati delle strade deserte della nostra città. I nostri anziani sono stati feriti a morte e se ne sono andati, molti di loro senza un addio dei loro figli, nipoti e amici… Accompagnare qualcuno all’ospedale vuol dire lasciarlo sulla porta e sapere che forse è l’ultima volta che vedi tua madre, tuo padre o un tuo amico colpito dall’effetto distruttore di questo minuscolo nemico che ci ha messo tutti alle corde…
Si son chiusi negozi, son spariti molti posti di lavoro precario, la povertà è riesplosa in un dramma che minaccia la possibilità di vita di migliaia di famiglie… Continua nell’ ALLEGATO
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