Carissime, Carissimi,
non si è fatta attendere la risposta del Papa dopo la tragedia di Cutro. E non solo parole nette: «Quel naufragio non doveva avvenire, e bisogna fare tutto il possibile perché non si ripeta», ma anche fatti. Erano in 7.000, cioè l’Aula Paolo VI gremita al completo, sabato scorso 18 marzo, a ricordare che esiste un altro modo per venire in Europa senza il rischio di morire annegati a 100 metri dalla costa. Si tratta dei CORRIDOI UMANITARI, un’invenzione della Comunità di Sant’Egidio che, prima con l’aiuto delle Chiese Evangeliche e della Tavola valdese, poi della CEI e della Caritas, ha permesso a oltre 6.000 persone di arrivare in Italia, Francia, Belgio, Andorra e S. Marino con la protezione internazionale, di essere accolte da famiglie generose, di essere aiutate nel loro cammino di lenta, ma sicura integrazione.
I Corridoi umanitari sono stati avviati nel 2016 come risposta alla situazione sempre più drammatica della rotta mediterranea. Lavorando sul piano giuridico, è stato trovato un varco nell’articolo 25 del Regolamento (CE) n. 810/2009 del 13 luglio 2009, che prevede la possibilità per gli Stati della UE di emettere visti umanitari a territorialità limitata, cioè validi per un singolo Paese. Continua nell’ ALLEGATO
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