Notiziario

QUEL FILO TRA TERRORISMO E FEMMINICIDIO

Un articolo di Lea MELANDRI, sul blog “La ventisettesima ora” (Corriere della Sera) ipotizza un’analogia tra terrorismo e femminicidio (dove in Italia è quest’ultimo a mietere più vittime, oltre sessanta da inizio 2016) che solleva interrogativi inquietanti sulla nostra cultura e sulla nostra scarsa consapevolezza della violenza che ci abita.

violenzaChe differenza passa tra la mano di un marito, fidanzato, amante, fratello, che per colpire la donna, sotto la spinta di quella legge di sopravvivenza che Elias Canetti definisce mirabilmente “morte tua, vita mia”, e quella del giovane reso folle dall’odio per il nemico, reale o immaginario, che gli rende insopportabile la vita?

Le armi, le forme atroci, selvagge con cui si dà la morte sono le stesse, e anche i numeri, se si guardano le statistiche, non danno certo il primato alla violenza del terrorismo. Diverso è solo la ‘scelta’ della vittima: volti sconosciuti, da un lato, volti una volta amati dall’altro. Ma quella donna – moglie, fidanzata, amante – non è anch’essa, nell’immaginario e nel portato storico culturale della nostra come di altre civiltà, una figura ridotta alla funzione che riveste – erotica o procreativa – a cui non è stato riconosciuto fino alle soglie della modernità un “Io intellegibile”, la singolarità propria di ogni essere umano? Il conflitto diventa distruttivo nel momento stesso in cui l’“altro” diventa “cosa”, “oggetto” o proiezione fantastica, delirante, di chi ha ridotto il mondo al suo sistema chiuso di valori e spianato così la strada a ogni forma di totalitarismo. Come chiamare diversamente un potere che non ha solo relegato le donne fuori dalla sfera pubblica, ma imposto una visione unica del mondo filtrata attraverso le relazioni più intime – l’amore, la sessualità, la maternità, le cure e gli affetti famigliari – e fatta propria forzatamente dalle donne stesse?

VANNO E VENGONO

È tempo di ferie anche per i missionari e diversi sono già a casa, mentre altri stanno per arrivare.

Sono ancora tra noi:

 Don Apollinaire KOUAKOU, dalla Costa d’Avorio (Sergnano)
 Padre Francesco VALDAMERI, dallo Zambia (Pieranica)
 Padre Gianni ZANCHI, dal Bangladesh (Montodine)
Padre Gigi MACCALLI, dal Niger (Madignano)
Don Federico BRAGONZI, dall’Uruguay (Crema)

Per qualunque contatto basta telefonare all’Ufficio Missionario  (martedì – giovedì ore 15 – 18 sabato ore 9 – 12   tel. 0373/87989 al mattino: tel. 0373/256274 – 331.1016709 )

24/07/2016. ANGELUS DI PAPA FRANCESCO

Il Vangelo di questa domenica (Lc 11,1-13) si apre con la scena di Gesù che prega da solo, in disparte; quando finisce, i discepoli gli chiedono: «Signore, insegnaci a pregare» (v. 1); ed Egli risponde: «Quando pregate, dite: “Padre…”» (v. 2).

angelus 24 LUGLIOCari fratelli e sorelle,
Questa parola è il “segreto” della preghiera di Gesù, è la chiave che Lui stesso ci dà perché possiamo entrare anche noi in quel rapporto di dialogo confidenziale con il Padre che ha accompagnato e sostenuto tutta la sua vita.
All’appellativo “Padre” Gesù associa due richieste: «sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno» (v. 2). La preghiera di Gesù, e quindi la preghiera cristiana, è prima di tutto un fare posto a Dio, lasciandogli manifestare la sua santità in noi e facendo avanzare il suo regno, a partire dalla possibilità di esercitare la sua signoria d’amore nella nostra vita.

Altre tre richieste completano questa preghiera che Gesù insegna, il “Padre Nostro”. Sono tre domande che esprimono le nostre necessità fondamentali: il pane, il perdono e l’aiuto nelle tentazioni (cfr vv. 3-4). Non si può vivere senza pane, non si può vivere senza perdono e non si può vivere senza l’aiuto di Dio nelle tentazioni. Il pane che Gesù ci fa chiedere è quello necessario, non il superfluo; è il pane dei pellegrini, il giusto, un pane che non si accumula e non si spreca, che non appesantisce la nostra marcia. Il perdono è, prima di tutto, quello che noi stessi riceviamo da Dio: soltanto la consapevolezza di essere peccatori perdonati dall’infinita misericordia divina può renderci capaci di compiere concreti gesti di riconciliazione fraterna. Se una persona non si sente peccatore perdonato, mai potrà fare un gesto di perdono o di riconciliazione. Si comincia dal cuore dove ci si sente peccatore perdonato. L’ultima richiesta, «non abbandonarci alla tentazione», esprime la consapevolezza della nostra condizione, sempre esposta alle insidie del male e della corruzione. Tutti conosciamo cosa è una tentazione!

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ROUEN E LA DIFFERENZA CRISTIANA

Poche parole, ma chiare e profonde, di Christian ALBINI sulla tragedia di Rouen.

Jacques Hamel
Jacques Hamel

Il martirio di Rouen è l’ultimo atto della campagna di terrore di questa estate che ha il suo epicentro in Francia. La strategia sembra quella di colpire in modo casuale i luoghi della convivenza e della vita quotidiana per suscitare un clima di terrore diffuso. Bastano poche persone che si attivano qua e là, con un effetto amplificato da squilibrati come quello di Monaco. Colpire una chiesa e un prete ha un perverso valore simbolico, ma può essere un grave errore da parte dei terroristi che vogliono alimentare la spirale della violenza e trascinarci nello scontro di civiltà per egemonizzare il mondo islamico. Proprio da un atto come questo può emergere la differenza della logica cristiana rispetto alla logica del terrore. Là dove ci si muove nello spazio della mitezza che non fa di una cultura e di una religione un nemico da odiare – e questo è il Vangelo – il terrorismo è disarmato prima di tutto davanti agli stessi musulmani perché è smentito il teorema della sua ideologia secondo cui i cristiani sono crociati da combattere. È il terrorismo che fa guerre di religione che, per la fede cristiana non esistono. I cristiani si oppongono perciò al terrorismo, non a una civiltà o a una religione. Così come nella Seconda Guerra Mondiale il male stava nell’ideologia nazista e nei suoi seguaci, non nel popolo o nella cultura tedeschi.

 

CARI LETTORI, VI SPIEGO PERCHÉ CREDO CHE I MUSULMANI DEBBANO MOBILITARSI

massimo-gramelliniColpito nel vivo, Massimo GRAMELLINI torna sull’argomento, cercando di chiarire la propria posizione sull’importanza di una maggiore e più consapevole mobilitazione del mondo musulmano.

“Mi spiace che le voci critiche, alcune intrise di un vittimismo francamente stucchevole, abbiano ignorato il riferimento storico alla vicenda delle Br. Neanche gli operai comunisti erano fiancheggiatori dei brigatisti. Anzi, è proprio perché non lo erano che riuscirono a isolarli. Ma cominciarono a farlo il giorno in cui smisero di usare formule generiche come l’attuale «Not in my name» per riconoscere che la malapianta non veniva da Marte, ma dal loro stesso giardino”.

L’intervento completo nell’ALLEGATO

CHE COSA ACCADE IN TURCHIA?

PADRE MONGEPadre Claudio MONGE, piemontese, domenicano e teologo delle religioni, vive da 14 anni in Turchia. A Istanbul è parroco nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo. E’ stato intervistato per Radio Vaticana da Fabio COLAGRANDE.

A suo avviso, quanto sta accadendo nel Paese è una evoluzione di ciò che si era visto negli ultimi tempi.
A me sembra una semplice impennata, in termini di proporzioni, rispetto ad una politica che il potere turco sta applicando sistematicamente da oltre due anni. Basta avere un minimo di memoria storica. La svolta è stata il famoso scandalo per corruzione che falciò uno degli esecutivi del governo, nel dicembre del 2013, e che interessò palesemente i membri della famiglia del presidente stesso e di molti ministri”.    L’intervista completa nell’ALLEGATO

NON È MAI TROPPO TARDI PER RINNOVARSI

Ottant’anni portati bene, una grinta invidiabile e tanti progetti per la testa: ecco il ritratto di Madre Felicita RIBOLI, canossiana, originaria di Campagnola, da oltre 40 anni missionaria in Argentina. Dopo 14 anni di assenza dall’Italia è tornata quest’anno per incontrare la sua famiglia: l’unico fratello, le cognate, i nipoti e i pronipoti.

 Madre Felicita, quattordici anni sono tanti: che cosa è avvenuto in questo tempo?
argentinaHo trascorso gli ultimi 26 anni a Misiones, nel nord est argentino, nella regione chiamata Mesopotamia, perché circondata da fiumi. La cittadina dove mi trovavo era Jardín América, il Giardino dell’America, chiamata così per la sua vegetazione sub tropicale. Veramente un posto molto bello dal punto di vista dell’ambiente. Il mio apostolato era con gli anziani del nostro Ospizio, ricoverati lì o perché i familiari non li potevano tenere a casa o perché senza famiglia. Sono stati molti anni di lavoro intenso, umano e spirituale. Infatti oltre che dar loro il necessario per vivere, alimenti, vestiti, pulizia, si offriva loro anche sostegno spirituale, con la preghiera giornaliera del Rosario, la Messa settimanale, qualche trasmissione televisiva cattolica e soprattutto con il dialogo continuo. Gli anziani erano più o meno 14, anche se la capacità dell’ambiente era di 20, tuttavia le disposizioni di sicurezza argentine e le possibilità economiche della Congregazione, che deve sostenere l’opera, giacché gli interni non sono in grado di pagare tutte le spese, non me ne permettevano di più. Ogni anziano aveva la sua stanza con tutte le comodità e in più c’era un ambiente comune per il pranzo, per guardare la televisione e per stare insieme, se lo si  desiderava. Poi a febbraio la Madre Provinciale Argentina ha pensato che per me era venuto il tempo di lasciare questa missione un po’ faticosa per una persona di ottant’anni.       L’intervista completa nell’  ALLEGATO

VANNO E VENGONO

È tempo di ferie anche per i missionari e diversi sono già a casa, mentre altri stanno per arrivare.

Sono già a casa:

Don Apollinaire KOUAKOU, dalla Costa d’Avorio (Sergnano)
Madre Felicita RIBOLI, dall’Argentina (Campagnola)
Padre Francesco VALDAMERI, dallo Zambia (Pieranica)
Padre Gianni ZANCHI, dal Bangladesh (Montodine)
Padre Gigi MACCALLI, dal Niger (Madignano)
Padre Walter MACCALLI, dall’Angola (Madignano)               Benvenuti!

 Continua la permanenza di don Federico BRAGONZI e mons. Arturo FAJARDO, vescovo di S. José de Mayo – Uruguay. Come sappiamo l’obiettivo della visita del vescovo uruguayano è di rafforzare la collaborazione o, come ama dire lui stesso in lingua spagnola, “el hermanamiento”, la fratellanza tra le due diocesi. Si tratta di un gesto importante che segna un primo passo nella direzione, da molto tempo auspicata, di quel vero scambio tra Chiese, che supererà quell’andamento a senso unico, dall’Europa verso l’esterno, che da sempre ha caratterizzato la “missione alle genti”. Per questo motivo incontrano volentieri le Comunità cristiane e le realtà missionarie presenti sul territorio. Per qualunque contatto basta telefonare all’Ufficio Missionario  (martedì – giovedì ore 15 – 18 sabato ore 9 – 12   tel. 0373/87989 al mattino: tel. 0373/256274 – 331.1016709 )

LAMPEDUSA: CONCLUSA OGGI LA SUMMER SCHOOL SULLA MOBILITÀ UMANA

“I fatti che hanno investito l’Europa in questi giorni dimostrano, una volta di più, come il destino del nostro continente sia indissolubilmente intrecciato al tema delle migrazioni”.
lampedusaSi è conclusa venerdì 22 luglio a Lampedusa la settima edizione della Summer schoolMobilità umana e giustizia globale. Un mare di speranza. Migranti forzati alle porte dell’Europa”, alla quale ha partecipato anche Chiara Longhi della Commissione Migrantes della nostra Diocesi.
Questo il commento della direttrice Laura ZANFRINI: «La folta partecipazione, dall’Italia e dall’estero, testimonia di un diffuso bisogno di comprendere un fenomeno che ci si presenta oggi con dimensioni tanto copiose quanto imprevedibili nella loro evoluzione, ma anche di leggerlo sia nelle sue dimensioni economiche, politiche, sicuritarie, che egemonizzano un dibattito pubblico prigioniero di opposte strumentalizzazioni, sia soprattutto nelle sue implicazioni etiche. Quelle che ci rendono consapevoli di come scelte e non scelte in tema di governo della mobilità umana costituiscono la cartina di tornasole della nostra civiltà, dei valori che vogliamo lasciare in dote alle giovani generazioni, della concezione della giustizia”.

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17/07/2016. ANGELUS DI PAPA FRANCESCO

Nel Vangelo odierno l’evangelista Luca racconta di Gesù che, mentre è in cammino verso Gerusalemme, entra in un villaggio ed è accolto a casa di due sorelle: Marta e Maria (cfr Lc 10,38-42).

                                                      Cari fratelli e sorelle,

angelus-17 LUGLIOEntrambe offrono accoglienza al Signore, ma lo fanno in modi diversi. Maria si mette seduta ai piedi di Gesù e ascolta la sua parola (cfr v. 39), invece Marta è tutta presa dalle cose da preparare; e a un certo punto dice a Gesù: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti» (v. 40). E Gesù le risponde: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (vv. 41-42).

Nel suo affaccendarsi e darsi da fare, Marta rischia di dimenticare – e questo è il problema – la cosa più importante, cioè la presenza dell’ospite, che era Gesù in questo caso. Si dimentica della presenza dell’ospite. E l’ospite non va semplicemente servito, nutrito, accudito in ogni maniera. Occorre soprattutto che sia ascoltato. Ricordate bene questa parola: ascoltare! Perché l’ospite va accolto come persona, con la sua storia, il suo cuore ricco di sentimenti e di pensieri, così che possa sentirsi veramente in famiglia. Ma se tu accogli un ospite a casa tua e continui a fare le cose, lo fai sedere lì, muto lui e muto tu, è come se fosse di pietra: l’ospite di pietra. No. L’ospite va ascoltato. Certo, la risposta che Gesù dà a Marta – quando le dice che una sola è la cosa di cui c’è bisogno – trova il suo pieno significato in riferimento all’ascolto della parola di Gesù stesso, quella parola che illumina e sostiene tutto ciò siamo e che facciamo. Se noi andiamo a pregare – per esempio – davanti al Crocifisso, e parliamo, parliamo, parliamo e poi ce ne andiamo, non ascoltiamo Gesù! Non lasciamo parlare Lui al nostro cuore. Ascoltare: questa è la parola-chiave. Non dimenticatevi! E non dobbiamo dimenticare che nella casa di Marta e Maria, Gesù, prima di essere Signore e Maestro, è pellegrino e ospite. Dunque, la sua risposta ha questo primo e più immediato significato: “Marta, Marta, perché ti dai tanto da fare per l’ospite fino a dimenticare la sua presenza? – L’ospite di pietra! – Per accoglierlo non sono necessarie molte cose; anzi, necessaria è una cosa sola: ascoltarlo – ecco la parola: ascoltarlo -, dimostrargli un atteggiamento fraterno, in modo che si accorga di essere in famiglia, e non in un ricovero provvisorio”.

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