Quando arrivò a Santiago, Roberto non aveva ancora compiuto trent’anni e si era sposato con Francesca solo da tre mesi. In Cile cominciava la sua carriera diplomatica: lo avevano nominato addetto commerciale dell’Ambasciata italiana, e non aveva nessuna esperienza. Era la fine dell’estate del 1973, il Paese era governato da un presidente socialista, che con le sue riforme si era fatto un sacco di nemici, a partire dall’inquilino della Casa Bianca di Washington. Si respirava aria di golpe, tutti ne parlavano ma nessuno ci credeva davvero. Poi la mattina dell’11 settembre la situazione precipitò: «Mi toccò di essere testimone, e presto non solo testimone, di una catastrofe: un palazzo presidenziale bombardato, un presidente che si uccide dopo avere resistito con le armi ai golpisti, il coprifuoco, gli arresti, le torture». Continua nell’ ALLEGATO
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