Pur essendosi svolta con una settimana di anticipo sulla data canonica, la Veglia è stata molto partecipata ed è risultata un momento importante nel ripensamento della Missione.
Se da un lato si è voluto sottolineare la mondialità dell’annuncio, con la processione del mappamondo e delle bandiere, dall’altro lo spazio maggiore è stato dedicato alla scelta e alla formazione personale. Le riflessioni di don Tonino Bello hanno scandito la raccolta di oggetti simbolici: il bastone, un sasso del lago, un ciuffo d’erba del monte, la Bibbia, una scheggia della croce, un pane, un calcinaccio del sepolcro che hanno concorso sia concreta- mente alla formazione della bisaccia del missionario, sia metaforicamente alla formazione del missionario stesso, convinto che l’evangelizzazione è fatta sì di dolore e sofferenza, ma ha come obiettivo la resurrezione e la vita in abbondanza.
Significative le riflessioni che i testimoni, Lorenzo, un laico reduce da un’esperienza missionaria di sei mesi, don Federico, un sacerdote da quattro anni fidei donum in Uruguay e Giovanni un seminarista che si appresta, con altri due amici Francesco e Nicholas, a ricevere il diaconato.
Anche il Vescovo, al quale è stato riconosciuto un impegno missionario davvero speciale, meritandosi l’applauso commosso e riconoscente dei partecipanti, ha voluto offrire un pensiero lungo e articolato. Al termine di tutto, come sempre, è stato lasciato un simbolo della Veglia: una matita colorata ricoperta di corteccia (Thailandia) per ridisegnare e colorare l’impegno missionario di ciascuno.
La Veglia, come sappiamo, è solo un punto di partenza: impegno missionario vero viene adesso, con le nostre scelte, le nostre decisioni, la nostra capacità di stare in mezzo alla gente, coltivando relazioni, sapendo ascoltare, tendendo mani.
Riportiamo negli allegati il pensiero di don Federico e del futuro diacono Giovanni. (don Federico) – ( Giovanni)