In venti hanno preso il patentino europeo per lavorare con la motosega nei boschi, altri hanno imparato a riparare i muri a secco e i terrazzamenti coltivati, altri ancora hanno pulito castagneti secolari ormai ridotti a un accumulo di rovi. Insomma, non sono rimasti con le mani in mano, i 35 giovani rifugiati di Ormea, piccolo comune dell’Alta valle del Tanaro, in provincia di Cuneo.
Il loro arrivo, un anno fa, aveva scatenato la rivolta di una parte dei 1.650 abitanti, disposta a pagare di tasca propria i cinquantamila euro al proprietario dell’albergo – che aveva dato alla Prefettura la disponibilità a ospitarli – pur di tenerli lontani dal paese. Dopo giorni di tensione, ci ha pensato il sindaco a stemperare gli animi, assumendo in proprio la gestione dell’accoglienza. Ormea è così diventato il primo (e finora unico caso) di gestione pubblica diretta dei migranti.
«D’accordo con la Prefettura – spiega il sindaco Giorgio Ferraris – abbiamo sistemato e messo a disposizione l’ex-casa di riposo per anziani, di proprietà dell’Ipac “Casa di riposo Renzo Merlino”, ente totalmente pubblico gestito da un consiglio di amministrazione nominato dal Comune».
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