SIAMO TUTTI FRATELLI, ANCHE I MIEI CARCERIERI (I.De Bonis – G. Rocca)

2a. padre-GIGIIn questa intervista Gigi Maccalli liberato in Mali dice: «Non sento di essere ancora tornato a casa: casa mia è a Bomoanga in Niger».

«Quello che ho potuto fare in questi due anni di prigionia è stato umanizzare le relazioni con i miei carcerieri, che erano ragazzi giovani: è stato un vivere relazioni umane. A chi aveva mal di denti ho dato un paracetamolo, una medicina per alleviare il dolore. Con un altro abbiamo avuto uno scambio, perché voleva imparare a leggere e scrivere i numeri in francese e ogni sera veniva da me e ripeteva la lezione. E poi ecco: per sigillare questo patto di fraternità ha voluto il mio zaino e io ho preso il suo».
A parlare in questa lunga intervista rilasciata ieri a Popoli e Missione, nella sede della Congregazione missionaria cui appartiene, la SMA a Roma, è padre Gigi Maccalli, missionario di Crema rapito in Niger due anni fa e rilasciato l’8 ottobre scorso in Mali.
«Voi dite che sono tornato a casa, ma io posso assicurarvi che non sono ancora arrivato a casa mia. Casa mia è a Bomoanga, in Niger».
Padre Gigi non trattiene le lacrime quando parla della sua comunità di Bomoanga e confida i suoi sentimenti più profondi, raccontandoci il senso della condivisione, persino in prigionia.
«Non c’è richiesto di fare miracoli in questa vita, ma di vivere la fraternità nel quotidiano. Portare l’umanità di quanti incontriamo, e poi Dio fa grandi cose: Dio divinizza».          Continua nell’ ALLEGATO

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A KINSHASA SI DISCUTE, NEL KIVU SI MUORE (Raffaello Zordan)

A file photograph shows an armed soldier from Congo's UPC rebel group standing guard at Barriere villageMentre il presidente Tshisekedi ha avviato una serie di consultazioni a largo raggio per tentare di scrollarsi di dosso la tutela di Kabila, nel nordest si susseguono i raid di gruppi armati. La testimonianza del comboniano Gaspare Di Vincenzo.

 Uno dei punti qualificanti del programma di Félix Tshisekedi, eletto due anni fa presidente della Repubblica democratica del Congo, era di portare la stabilità del nordest del paese, in particolare nelle province del Sud Kivu, Nord Kivu e Ituri. Province ricche di risorse minerarie e terreno di disputa di numerose milizia armate, alcune delle quali al soldo di Rwanda e Uganda.
Padre Gaspare Di Vincenzo, comboniano che lavora a Butembo (Nord Kivu), dice a Nigrizia: «Qui la situazione continua a essere disastrata. Ci sono attacchi continui e massacri che colpiscono la popolazione. L’ultimo è stato venerdì 30 ottobre: ci sono stati 19 morti alla porte della cittadina di Butembo. Il gruppo armato che ha colpito proveniva dalla valle del Graben, al confine con l’Uganda».
Questo sta accadendo perché il mandato di Tshisekedi è fortemente condizionato dalla coalizione dell’ex presidente Joseph Kabila, che ha la maggioranza sia alla camera sia al senato e che non ha certo tra le priorità quella di stabilizzare l’area del nordest.
Kabila infatti si è sempre guardato dall’interferire con le mire del regime rwandese di Kagame sulla Rd Congo. Ma è stato Tshisekedi a sceglierselo come alleato alla vigilia delle elezioni del 2018, che poi si sono svolte all’insegna del disprezzo degli elettori e della falsificazione dei risultati delle urne.          Continua nell’ ALLEGATO

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PADRE SORGE, GESUITA DI FERRO (Domenico AGASSO Jr)

4a. padre_sorgeÈ morto il 2 novembre a 91 anni il teologo e politologo gesuita padre Bartolomeo Sorge. E’ stato direttore della rivista la Civiltà Cattolica dal 1973 al 1985 e ha lavorato all’organizzazione del primo grande convegno della chiesa italiana, nel 1976, sul tema “evangelizzazione e promozione umana”. È stato protagonista della “Primavera di Palermo” contro la mafia. Pubblichiamo un’intervista, realizzata da La Stampa, alcune settimane prima della sua improvvisa scomparsa.

Bartolomeo Sorge, teologo e politologo gesuita è mancato a Gallarate (Varese), nella dimora per Gesuiti anziani in cui aveva trascorso gli ultimi anni il cardinale Carlo Maria Martini. Esperto di dottrina sociale della Chiesa, ha diretto le riviste La Civiltà Cattolica, Aggiornamenti sociali e Popoli. È stato ispiratore e protagonista della «Primavera di Palermo», il periodo storico del capoluogo siciliano dalla seconda metà degli anni 80 fino all’inizio dei 90, contraddistinto dal fiorire di iniziative sociali – tra cui il suo istituto di formazione politica Pedro Arrupe – e dalla nascita di associazioni e comitati. Diffondere la cultura della legalità per liberare la terra siciliana dal giogo mafioso, era la sua missione.
Padre Sorge, come sta vivendo questi tempi difficili per la Chiesa scossa da investimenti spericolati e da presunta corruzione?
Li affronto con la preghiera nella mia “clausura” dettata dal coronavirus. Prego soprattutto per sostenere Papa Francesco. Ne ha bisogno. La Chiesa tutta dovrebbe manifestargli profonda, grata, sincera e coerente vicinanza.          Continua nell’ ALLEGATO

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CI HA LASCIATO FRATEL ELIO (A cura del Centro Missionario Diocesano)

fratel-elio-croce-1024x798Si è spento a 74 anni il missionario comboniano fratel Elio Croce. Colpito dal coronavirus era stato trasferito nelle scorse settimane da Gulu (Uganda), dove operava da mezzo secolo, alla capitale Kampala. Pur essendo originario di Moena, contava, in virtù del profondo legame con Padre Pizzi, nella nostra diocesi molti amici, che oggi lo piangono commossi e riconoscenti  per il bene che ha fatto.

Il tratto più caratteristico di fratel Elio era la simpatia: immediata, coinvolgente e subito corrisposta. Ti sorprendeva la sua rude scorza montanara che si stemperava su un viso che ricordava il Sean Connery maturo e perfettamente a suo agio nel film “Il nome della rosa” e alla fine ti conquistava con una di quelle sue battute, spesso in dialetto, con le quali sapeva sdrammatizzare anche le situazioni più difficili.
Nato a Moena, in Trentino, si era diplomato perito metalmeccanico per poi specializzarsi nella manutenzione e riparazione di apparecchiature a raggi X ed elettromedicali. Entrato a far parte della famiglia dei Missionari Comboniani, aveva voluto rimanere “fratello” per mettere a disposizione degli altri le sue competenze tecniche.
Partito per la missione nel 1971, la sua destinazione fu fin dall’inizio l’Uganda, fermandosi a Gulu, nella zona settentrionale del Paese e impegnandosi sul fronte dell’assistenza sanitaria. Fu così che incrociò i coniugi Piero Corti, pediatra brianzolo e Lucille Teasdale, chirurgo pediatrico canadese ed insieme riuscirono a trasformare un piccolo presidio sanitario comboniano nel più grande ospedale senza scopo di lucro dell’Africa equatoriale, il St. Mary’s Lacor, per l’appunto, che oggi ha 600 dipendenti ugandesi e cura ogni anno 250mila persone, di cui l’80% sono donne e bambini, i più colpiti dalla povertà e dalle durissime condizioni di vita. Assunse così l’incarico, poi mantenuto fino alla fine, di responsabile dei servizi e della manutenzione dell’ospedale, eseguendo riparazioni e nuove installazioni.            Continua nell’ ALLEGATO

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Il Centro Missionario informa…

A – THE ECONOMY OF FRANCESCO  Economy of Francesco

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B- LE TESTIMONIANZE DEI MISSIONARI SUL NOSTRO CANALE YOUTUBE

CONSIGLIAMO LA VISIONE

L’appello di PALUKU SIKULI Mélchisédech Vescovo della Diocesi di Butembo.  L’accorato appello del Vescovo per l’indifferenza di TUTTI di fronte alle stragi che insanguinano il Congo orientale.

youtu.be/6czF7T-GXPs
 

Iscriviti al canale di youtube del “Centro Missionario Diocesi di Crema”, per essere avvisato ad ogni pubblicazione di un nuovo video. Link: https://www.youtube.com/channel/UCV1dJoWbFRA2sSAwpJTBpxg

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C GUATEMALA CHIAMA CREMA

Fino ad ora la risposta delle nostre Comunità è stata molto generosa. Infatti al 30 ottobre erano stati raccolti 31.600 euro. Come Centro Missionario abbiamo già provveduto ad inviare a mons. Rosolino Bianchetti 30.000 euro, che sono stati immediatamente impiegati nell’acquisto dei generi alimentari sopra indicati. Inutile dire che mons. Rosolino ringrazia con immenso affetto tanta generosità e ci comunica che, non appena possibile, ci invierà una precisa rendicontazione degli aiuti ricevuti.
GRAZIE A TUTTI!

Nuovo Documento di Microsoft Office Word-1 

LA RACCOLTA CONTINUA ……

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D – AVVISO IMPORTANTE 

Per 24 mesi ci siamo uniti in tante chiese della nostra Diocesi, come anche nelle nostre case, per pregare per la liberazione di padre GIGI MACCALLI.
Non dimentichiamoci però, come ha più volte raccomandato lo stesso padre Gigi, di tutti coloro che sono ancora prigionieri nelle mani dei loro rapitori!

Per questo
MARTEDÌ 17 NOVEMBRE IN DUOMO ALLE ORE 18
Padre Gigi celebrerà una Messa
per pregare per la loro liberazione.
LA PREGHIERA CONTINUA…
La Messa potrà essere seguita anche via streaming
sul canale YouTube del Nuovo Torrazzo
www.youtube.com/channel/UCYbxJCstWCCN8g-WXAR1M0A
raggiungibile anche tramite:
l’homepage del sito della Diocesi www.diocesidicrema.it e l’homepage del sito www.ilnuovotorrazzo.it

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

siamo di nuovo in clausura e mi sembra giusto, oltre che opportuno cedere la parola al nostro vescovo Daniele e al suo messaggio alla diocesi di Crema  a fronte delle restrizioni dovute alla ripresa dell’emergenza CoViD-19

 Cari fratelli e sorelle in Cristo,

rivolgo a tutte e tutti voi il mio saluto più affettuoso e cordiale. Vi raggiungo alla vigilia di un nuovo periodo di difficoltà e restrizioni che ci troviamo a vivere, nel contesto del perdurare della pandemia CoViD-19, che si è rafforzata in tutta Europa nelle ultime settimane e che conosce una particolare recrudescenza anche nella nostra regione Lombardia, già duramente provata nella primavera scorsa.

Da domani, 6 novembre 2020, e per almeno due settimane, la nostra regione, qualificata come area caratterizzata «da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto» (più semplicemente: «zona rossa»), ancora una volta dovrà far fronte a diverse restrizioni piuttosto impegnative.
Invito tutti ad accogliere queste restrizioni con pazienza e fiducia, ciascuno facendo la sua parte nella costruzione del bene comune e nella salvaguardia della salute di tutti, come base necessaria di una buona convivenza e anche della tenuta del contesto sociale ed economico, di cui non possiamo fare a meno. Ricordo che le cautele e i limiti che ci sono chiesti, proteggendo la nostra e altrui salute, servono pure a non sovraccaricare il sistema sanitario, anche perché un eccesso di pazienti CoViD-19 toglierebbe forze e risorse alla cura di tante altre patologie, anche gravi, con conseguenze deleterie.            Continua nell’ ALLEGATO

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SIAMO TUTTI CHIAMATI ALLA SANTITÀ, MODELLO DI VITA CONTROCORRENTE (Angelus, 01-11-2020)

1a. AngelusIn questa solenne festa di Tutti i Santi, la Chiesa ci invita a riflettere sulla grande speranza, che si fonda sulla risurrezione di Cristo: Cristo è risorto e anche noi saremo con Lui. I Santi e i Beati sono i testimoni più autorevoli della speranza cristiana, perché l’hanno vissuta in pienezza nella loro esistenza, tra gioie e sofferenze, attuando le Beatitudini che Gesù ha predicato e che oggi risuonano nella Liturgia (cfr Mt 5,1-12a). Le Beatitudini evangeliche, infatti, sono la via della santità. Mi soffermo ora su due Beatitudini, la seconda e la terza.
La seconda è questa: «Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati» (v. 4). Sembrano parole contraddittorie, perché il pianto non è segno di gioia e felicità. Motivi di pianto e di sofferenza sono la morte, la malattia, le avversità morali, il peccato e gli errori: semplicemente la vita di ogni giorno, fragile, debole e segnata da difficoltà. Una vita a volte ferita e provata da ingratitudini e incomprensioni. Gesù proclama beati coloro che piangono per queste realtà e, nonostante tutto, confidano nel Signore e si pongono sotto la sua ombra. Non sono indifferenti, e nemmeno induriscono il cuore nel dolore, ma sperano con pazienza nella consolazione di Dio. E questa consolazione la sperimentano già in questa vita.          Continua nell’ ALLEGATO

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LA NECESSITÀ DI RIPENSARE IL RAPPORTO TRA EUROPA E RELIGIONE (Laura Zanfrini)

2a. La necessità di ripensare il rapporto tra Europa e religioneNon c’è una battaglia fra cristiani e musulmani, o fra l’Austria e i migranti, ma una lotta fra le molte persone che credono nella pace e alcuni che auspicano la guerra.

 Quella europea è la storia di lunghe e sanguinose “guerre di religione”. Analogamente, in molti paesi la religione è oggi ragione di conflitto, persecuzione e discriminazione; strumento di potere e controllo sociale; pretesto per preservare i privilegi dei gruppi dominanti; veicolo d’omologazione culturale; espediente per sovvertire la convivenza e imporre regimi autoritari o progetti politici criminali. I migranti sono testimon

i viventi di una geografia religiosa complessa e dei molti significati della fede. A volte schegge impazzite, lupi solitari o membri delle reti terroristiche internazionali, “simpatizzanti” dei folli progetti politici dell’Isis – come nel caso che ha sconvolto l’Austria in queste ore –, artefici di attentati vili ed efferati al grido Allahu akbar: questo sì un atto di blasfemia verso i fedeli musulmani. Più spesso, uomini e donne di diverse religioni partono alla volta dell’Europa portando con sé immagini e oggetti sacri, con la speranza (se non la fatalistica certezza) che il loro Dio li accompagnerà in ogni tappa del viaggio, che la fede preserverà le loro radici e li aiuterà a superare le difficoltà, che la religione sarà lo scudo difensivo per far crescere i figli in una società secolarizzata. In altri casi ancora, uomini e donne vittime della persecuzione religiosa o dell’ateismo di Stato trovano in Europa il luogo in cui sperimentare la libertà di professare la fede e di viverla in modo autentico affrancandosi dalle interpretazioni distorte dei precetti religiosi, l’occasione per metterne a frutto il potenziale generativo attraverso l’impegno civico e solidaristico, la motivazione per spezzare la logica del risentimento e sentirsi parte di una società pluralistica.          Continua nell’ ALLEGATO

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ROSARI E MASCHERINE (Lella Ginocchio)

3a. Rosario e mascherinaDai rosari alle mascherine: come cambia il bisogno di protezione dall’interno di una macchina…

Entrando in macchina stamattina ho visto in quella parcheggiata a fianco alla mia, penzolare una tristissima mascherina chirurgica, mezza attorcigliata ad un rosario di legno.
Ci sono luoghi in cui i simboli religiosi sono aiuto, occasione di preghiera, rispetto, ricordo e testimonianza. Non parlo di luoghi pubblici, dove la polemica politica è stata accesa e forte.
Mi fermo ai luoghi che ciascuno di noi sa trovare negli angoli più strani delle proprie vite.
Uno di questi, che mi ha sempre incuriosito e spesso ha stuzzicato anche un po’ di ilarità è l’abitacolo delle nostre auto.
Negli anni ’60 su ogni cruscotto, che allora era ancora in metallo, ogni padre di famiglia attaccava le calamite-feticcio con relativa foto del suo bambino che lo ammoniva con un “Papà non correre” che andava sempre in coppia con l’immagine di San Cristoforo, protettore degli automobilisti.
Con il passaggio alla plastica, e quindi la calamita che non reggeva più, il bisogno di ingraziarsi qualche protezione si è poi evoluto all’appendere allo specchietto retrovisore il Santo Rosario.
In questi mesi sto notando questa ulteriore trasformazione.          Continua nell’ ALLEGATO

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