Il Centro Missionario informa…

UGANDA: L’EMERGENZA COVID-19 AGUZZA L’INGEGNO

Per chi ha memoria missionaria il nome di Gulu, insieme a quello di Opit, riporta alla memoria uno dei nostri missionari più amati: il comboniano padre Sandro Pizzi. L’anno scorso abbiamo ricordato il decimo anniversario della sua morte, ma lui, padre Sandro o meglio Alex per gli ugandesi, è vivo nel ricordo degli uomini e delle donne che con lui hanno condiviso il Vangelo e il lavoro nei campi. I missionari e le missionarie comboniani sono ancora presenti a Gulu, nel nord dell’Uganda e, per rendere più incisiva e continuativa la loro presenza, hanno costituito un’Associazione alla quale hanno dato un nome molto significativo: COMBONI SAMARITANS. In questo modo, continuando la loro opera di evangelizzazione, i missionari riescono a mantenere alto il livello di aiuto negli ambiti educativo, sanitario e lavorativo. Naturalmente possono e devono contare sull’aiuto di molti amici, tra i quali ci piace ricordare l’associazione GOOD SAMARITAN, partner storico, l’Associazione PADRE SANDRO PIZZI e la più recente Associazione ATIM.

Anche la Diocesi di Crema ha sempre fatto la sua parte, sostenendo da anni diversi progetti e vuole continuare soprattutto adesso, quando la situazione, resa più difficile dall’arrivo del coronavirus, richiede un’attenzione e un impegno maggiori.

Per questo sosteniamo e invitiamo i Gruppi di Animazione Missionaria più sensibili a sostenere le due proposte che ci vengono segnalate dall’Uganda e che in modo pratico e fantasioso vogliono venire incontro alle gravi difficoltà che la gente sta affrontando per mancanza di lavoro.

3.2a. Kit beni primariA – UN KIT DI BENI PRIMARI PER LE FAMIGLIE IN DIFFICOLTÀ

Con l’avanzare della pandemia da Coronavirus anche l’Uganda ha dovuto alzare al massimo le misure di sicurezza. I Comboni Samaritans of Gulu hanno dovuto sospendere le attività e chiudere gli uffici. Questo fortunatamente non impedisce loro di monitorare sul territorio, seppur in remoto, tramite lo staff e i volontari, i beneficiari dei progetti: quei nuclei famigliari particolarmente vulnerabili e in situazioni di criticità. Queste persone vivono alla giornata, del piccolo guadagno quotidiano e, l’improvviso lockdown, influisce negativamente sulle già precarie condizioni di vita.

In questo momento l’emergenza richiede il sostegno alle famiglie tramite il KIT BENI PRIMARI composto da riso, fagioli, polenta, olio, sale, fiammiferi, sapone e tutti i beni di primaria necessità. I Comboni Samaritans of Gulu si sono già organizzati per l’acquisto di questo materiale che verrà poi distribuito alle famiglie indigenti.

Con:

  • 10 euro si può provvedere a una famiglia per due settimane;
  • 20 euro si prolunga a un mese;
  • 40 euro si soddisfa il fabbisogno per due mesi, quelli necessari per la ripartenza delle famiglie.

Comboni Samaritans of Gulu, ha a cuore la situazione delle famiglie vulnerabili, specialmente quelle in cui i genitori, i nonni o i bambini orfani sono malati (AIDS, cecità, disabilità fisiche e mentali) ed è una delle poche organizzazioni che si occupa anche dell’aspetto sanitario, assistendo e monitorando gli individui più vulnerabili. L’attenzione alla persona, e quindi all’intero nucleo famigliare, è a 360° e include anche il sostegno psicologico, l’avvio di piccoli progetti di microcredito, il pagamento delle rette scolastiche, la distribuzione di cibo e beni primari e il counselling.

Per contribuire ci sono due possibilità:o due possibilità:

  • consegnando a mano la cifra raccolta al Parroco o al Gruppo Missionario, oppure recandosi in Curia o all’Ufficio Missionario, previa telefonata;
  • effettuando un bonifico bancario e utilizzando l’IBAN della Diocesi di Crema:  Iban: IT 58 G030 6909 6061 0000 0128 448

            In entrambi i casi va specificata la causale: PROGETTO COVID UGANDA

3.3a. MascherineBMASCHERINE PRODOTTE CON I TESSUTI PROVENIENTI DA GULU

A causa del lockdown imposto dal governo ugandese, in maniera preventiva, tutti gli uffici dell’ONG Comboni Samaritans of Gulu, hanno dovuto chiudere e, con loro, anche l’adiacente Cooperativa Wawoto Kacel che dà lavoro a circa 60 donne sieropositive, disabili o che sono state rapite durante la guerra civile.

Per loro la Cooperativa non rappresenta solo un posto di lavoro: è un luogo dove poter condividere le loro storie, le loro sofferenze, le loro difficoltà quotidiane e dove c’è sempre accoglienza e comprensione. I ritmi di lavoro sono misurati in base alle loro capacità e le artigiane vengono formate con corsi di aggiornamento e di alfabetizzazione. La Cooperativa garantisce loro uno stipendio mensile, un pasto al giorno, le cure mediche (grazie a un accordo con l’ospedale St. Mary Lacor), un nido aziendale dove lasciare i figli durante l’orario di lavoro e piccoli progetti di microcredito per avviare business o pagare le tasse scolastiche dei figli. L’attenzione verso le donne è a 360° e non riguarda, quindi, solo l’ambito lavorativo.
La chiusura delle attività ha costretto la Cooperativa a lasciare le donne a casa, con tutte le problematicità che seguono al lockdown: niente lavoro, difficoltà di reperire cibo (dovuta anche all’aumento dei prezzi e alla stagione secca), impossibilità di muoversi dalle proprie abitazioni. Nonostante la sospensione delle attività produttive e delle vendite, sia in loco che in Italia, l’amministrazione ha deciso di dare un supporto mensile alle donne anche nei mesi di chiusura (aprile e maggio) e ha rilasciato il consueto documento necessario per recarsi in ospedale per ricevere cure mediche a spese della Cooperativa.
Per sostenere le donne della Cooperativa, l’Associazione Good Samaritan di Castronno Varesino, promuove mascherine in tessuto tinto a mano dalle donne. Sono mascherine a doppio strato di cotone, lavabili in lavatrice, anche se non possono essere utilizzate in ambiente ospedaliero, o assistenziale, in quanto non hanno i requisiti tecnici dei dispositivi medici e dei dispositivi di protezione individuale. Chi la indossa deve comunque rispettare le norme precauzionali sul distanziamento sociale e le altre introdotte per fronteggiare l’emergenza Covid-19 (art. 16, comma 2, D.L.18/2020).
Il costo è di 5,00 euro e il ricavato sarà devoluto al progetto “Wawoto Kacel covid”, in aiuto proprio alle donne vulnerabili che ne fanno parte. 

Per ordinare le mascherine contattare Lauretta: 339 827 0913

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I POVERI AUMENTANO E VENGONO A BUSSARE ALLE PORTE (Padre RIBOLI)

Virus Outbreak KenyaLa situazione in Kenya

Nairobi, 26 maggio 2020

Carissimi Amici di Crema,
voi state per uscire dall’esperienza dolorosa della coronavirus, noi siamo appena entrati. Oggi si registrano 1.286 contagiati e 52 decessi.
Qui sta succedendo l’opposto che da voi: la percentuale dei contagiati è relativamente giovane, la ragione è gli anziani hanno più anticorpi che i giovani data la loro storia.
Alle prime manifestazioni il Governo è intervenuto subito chiudendo le scuole di ogni livello, chiudendo le chiese, con il coprifuoco dalle sette di sera alle cinque del mattino del giorno dopo. Obbligando l’uso delle mascherine in pubblico.
La chiusura delle scuole oltre ad essere fonte di istruzione per molti bambini era la possibilità di un pasto assicurato ogni giorno.
Economicamente l’effetto del virus è devastante per la povera gente. È diminuito moltissimo il lavoro a giornata che, anche se remunerato miseramente, assicurava la possibilità di sfamare le varie famiglie.
Le parrocchie sono in grave difficoltà finanziaria, essendo ancora le chiese chiuse non ci sono offerte su cui contare. I poveri aumentano ed ogni giorno vengono a bussare alle porte.
Noi qui in casa e in molte parrocchie affidate ai Missionari della Consolata, per non licenziare i nostri operai, abbiamo mantenuto il lavoro riducendolo dal 50% e garantendo una adeguata remunerazione.
Come poter aiutare la nostra gente? Cercando di non lasciarli soli ed intervenire col cibo dove c’è necessità.
L’Africa non sarà distrutta dal virus, ma dalla fame.
Preghiamo il Signore che ci aiuti ad affrontare con dignità questa epidemia.
Buona Novena allo Spirito Santo.   P. Angelo RIBOLI

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UNA TRAGEDIA NELLA TRAGEDIA (Padre Gianni Zanchi)

5a. Allagamenti causati dal cicloneBANGLADESH: PRIMA LA PANDEMIA, POI IL CICLONE…

Una descrizione dettagliata, ma e appassionata, fatta da padre Zanchi, della tremenda situazione in cui versa il Paese asiatico, già in difficoltà a causa del coronavirus e in più colpito due settimane fa da un violento ciclone.

Suihari 23-05-2020

Carissimi,
Il ciclone “Amphan” è passato lasciando non tanti morti perché la gente si era rifugiata nei “cyclone shelters” costruiti apposta per questa emergenza, ma lasciando dietro tanta e tanta distruzione: case spazzate via, alberi e pali elettrici divelti, strade e campi allagati, alberi da frutto, specialmente il mango, distrutti, coltivazioni di calamari distrutti, campi di riso quasi maturo allagati… Ha colpito soprattutto il Sud-Ovest del BD: Sunderban, Khulna, Satkhira, Kustia, Pabna, Rajshahi e… da lì in India colpendo la città di Calcutta…
Noi a Dinajpur abbiamo avuto vento molto forte con getti di acqua violenti, alberi sradicati, qualche tetto di casa volato via, linea elettrica saltata, ma soprattutto i campi di riso, dove era appena cominciato il raccolto o stava per cominciare. È durato tutta la giornata di giovedì. Soltanto tra qualche giorno si avrà la fotografia esatta di quanto è successo.
La tristezza e il dolore sono più grandi perché il ciclone è venuto nel momento in cui in BD è in vigore il lockdown per il coronavirus. Il lockdown è cominciato il 26 marzo e poi è stato più volte prolungato e dovrebbe finire il prossimo 30 maggio. Un lungo tempo dove tutto è stato chiuso: scuole, trasporti: treni, aerei, traghetti, pulman, negozi, lavori di costruzione… Le fabbriche tessili “garments” sono state parzialmente aperte con disposizioni molto rigide di prevenzione della diffusione del coronavirus.      Continua nell’ ALLEGATO

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ARMI, GLI AFFARI D’ORO ITALIANI (E IL PRIMO CLIENTE È L’EGITTO) (Luca Liverani)

6a. Armi affari d'oroIl quadro inquietante dell’export bellico nostrano (oltre 5 miliardi di euro) nella Relazione governativa trasmessa nei giorni scorsi al Parlamento. Critiche da Rete per il disarmo e Rete della Pace
Armi italiane all’Egitto. Nonostante le nebbie sull’omicidio di Giulio Regeni. Nonostante la guerra in corso nella vicina Libia. Nel 2019 l’Italia ha autorizzato la produzione e vendita di oltre 5 miliardi di armi a Paesi in gran parte estranei alla Nato e all’Unione europea. E il cliente migliore è stato proprio il Paese guidato dal presidente Abdel Fattah Al Sisi, il cui governo continua a non collaborare con l’Italia nelle indagini sull’assassinio del ricercatore friulano. E sul quale pesano sospetti internazionali di violazione dell’embargo Onu verso la Libia, per rifornimenti di armi alle milizie di Haftar. L’altro migliore cliente dell’Italia è il Turkmenistan, guidato da un regime autoritario, accusato di costanti violazioni dei diritti, nel 2018 al terz’ultimo posto su 180 paesi nella classifica mondiale della libertà di stampa di Reporters sans frontières.

Eccolo il quadro dell’export bellico italiano, a quanto emerge dai dati aggregati per il 2019 della Relazione governativa trasmessa nei giorni scorsi al Parlamento, anche quest’anno con grave ritardo. Il rapporto è richiesto dalla Legge 185/90 che regola l’esportazione dei sistemi militari italiani. Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace hanno potuto esaminare il capitolo introduttivo, redatto dalla Presidenza del Consiglio, che riassume i documenti dei dicasteri coinvolti nell’iter autorizzazione, coordinato dall’Autorità Nazionale Uama (Unità per le Autorizzazione dei Materiali di Armamento) del Ministero degli Esteri.      Continua nell’ ALLEGATO

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Il Centro Missionario informa…

Il Centro Missionario ha aperto un canale youtube dove è possibile vedere belle testimonianze dei Missionari. Non si tratta solo di documenti di solidarietà, ma di veri e propri spaccati di una realtà, la loro, che finalmente possiamo conoscere da vicino.

CONSIGLIAMO LA VISIONE IN AIUTO ALL’UGANDA
Con l’avanzare della pandemia da coronavirus, anche l’Uganda ha alzato le misure di sicurezza e costretto i missionari Comboniani a sospendere ogni attività, compresa la Cooperativa Wawoto Kacel che dà lavoro a 60 donne sieropositive o disabili a causa della guerra.
In questo video la volontaria Giuseppina D’Amico e Masimo Opiyo, responsabile dei progetti dei missionari Comboniani, ci spiegano le difficoltà che incontrano e le soluzioni che hanno messo in atto.
Link: https://www.youtube.com/watch?v=_ccSRfw6I7E

Iscriviti al canale di youtube del “Centro Missionario Diocesi di Crema”, per essere avvisato ad ogni pubblicazione di un nuovo video. Link: https://www.youtube.com/channel/UCV1dJoWbFRA2sSAwpJTBpxg

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Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così.

Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche

e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare

ed è allora che la stragrande maggioranza

preferisce lamentarsi piuttosto che fare.

 

L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno,

l’importante è saper convivere con la propria paura

e non farsi condizionare dalla stessa.

Ecco il coraggio è questo,

altrimenti non è più coraggio, è incoscienza.

 

Chi tace e chi piega la testa

muore ogni volta che lo fa,

chi parla e chi cammina a testa alta

muore una volta sola.

 GIOVANNI FALCONE

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

nel lungo e denso documento che il nostro Vescovo ha dedicato al ritorno dei fedeli alla celebrazione della Messa, dal significativo titolo Tornare a Messa: un bell’impegno, mons. Gianotti fa un’affermazione che un po’ sintetizza il senso di un’azione troppo spesso considerata una semplice abitudine: “«Trasformarci in Cristo»: a questo punta, né più né meno, il nostro «andare a Messa». E trasformarci in modo che traspaia in noi anche il suo agire, il suo operare, testimoniato in tutti i Vangeli”.
E poco più avanti declina in modo esplicito il significato profondo del riconoscere il Corpo di Cristo. “A Messa potremo ancora una volta, con sguardo di fede, «riconoscere il Corpo di Cristo» nell’Eucaristia, adorarlo, nutrircene… Ma saremo capaci di fare al tempo stesso, quell’altro indispensabile «riconoscimento», quello che ci fa vedere e «toccare» il Cristo nella «carne» del fratello, del malato, dell’indigente, del carcerato, dello straniero? Noi che condividiamo il pane del cielo, sapremo anche condividere il pane di questa terra e i beni di cui disponiamo, pensando anche alla crisi drammatica che la nostra società sta attraversando?”
Attenzione, non si tratta di una premessa, quanto di un’affermazione fondamentale, di un richiamo radicale al secondo Comandamento di Gesù che non si limita ad una generica solidarietà, quanto ad AMARE IL PROSSIMO COME TE STESSO.       Continua nell’ ALLEGATO

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LA CHIESA È COMPAGNA DI STRADA DI OGNI UOMO (Regina Coeli 24-05-2020)

1a. Regina CoeliOggi, in Italia e in altri Paesi, si celebra la solennità dell’Ascensione del Signore. Il brano del Vangelo (cfr Mt 28,16-20) ci mostra gli Apostoli che si radunano in Galilea, «sul monte che Gesù aveva loro indicato» (v. 16). Quiavviene l’ultimo incontro del Signore risorto con i suoi, sul monte. Il “monte” ha una forte carica simbolica. Su un monte Gesù ha proclamato le Beatitudini (cfr Mt 5,1-12); sui monti si ritirava a pregare (cfr Mt 14,23); là accoglieva le folle e guariva i malati (cfr Mt 15,29). Ma questa volta, sul monte, non è più il Maestro che agisce e insegna, guarisce ma è il Risorto che chiede ai discepoli di agire e di annunciare, affidando a loro il mandato di continuare la sua opera.

Li investe della missione presso tutte le genti. Dice: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (vv. 19-20). I contenuti della missione affidata agli Apostoli sono questi: annunciare, battezzare, insegnare e camminare sulla via tracciata dal Maestro, cioè il Vangelo vivo. Questo messaggio di salvezza implica prima di tutto il dovere della testimonianza – senza testimonianza non si può annunciare -, alla quale anche noi, discepoli di oggi, siamo chiamati per rendere ragione della nostra fede. Di fronte a un compito così impegnativo, e pensando alle nostre debolezze, ci sentiamo inadeguati, come di certo si sentirono anche gli Apostoli stessi. Ma non bisogna scoraggiarsi, ricordando le parole che Gesù ha rivolto a loro prima di ascendere al Cielo: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (v. 20).       Continua nell’ ALLEGATO

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EID MUBARAK, FRATELLI MUSULMANI! (+ Daniele Gianotti, Vescovo di Crema)

2a. Fine RamadanIn occasione della celebrazione della fine del Ramadan, che si è svolta domenica scorsa 24 maggio, il nostro Vescovo, mons. Daniele, ha voluto inviare un messaggio di vicinanza e di condoglianze, oltre che di augurio alla Comunità musulmana che vive nella nostra diocesi.

Cari fratelli e sorelle di fede islamica abitanti a Crema e nel cremasco,

mentre si avvicina la conclusione del mese sacro del Ramadan 1441 H. / 2020 A.D. desidero farvi arrivare anche quest’anno una parola di vicinanza e di augurio.

Il Ramadan di questo anno resterà nella vostra memoria per le forti limitazioni che l’emergenza sanitaria CoViD-19 ha imposto alla sua celebrazione: limitazioni simili a quelle che hanno impedito ai credenti cristiani di celebrare in modo pieno, secondo l’abitudine, i tempi principali della loro fede: la Quaresima, la grande festa di Pasqua e il tempo che segue alla Pasqua, fino alla Pentecoste del prossimo 31 maggio.

Mi auguro che anche per voi, come spero sia stato anche per i cattolici, le limitazioni imposte alle celebrazioni esteriori siano state occasione per una crescita nella nostra adesione interiore a Dio nella preghiera, nella nostra fedele dedizione a Lui e nel mettere nelle Sue mani ogni nostra miseria e tribolazione.       Continua nell’ ALLEGATO

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UNA HASANAT (BUONA AZIONE) PER OGNI LETTERA DEL CORANO: RISCOPRIRE LA PAZIENZA (Nadia EL GHAOUAT)

3a. unnamedL’Ufficio diocesano per il dialogo interreligioso di Bergamo ha proposto ad una giovane studentessa universitaria di fede islamica, che vive e lavora in quella provincia, di raccontare il Ramadan. È stata un’iniziativa culturale a sostegno della conoscenza reciproca per capire meglio e più da vicino che cosa accade in questo periodo nelle comunità musulmane che vivono tra di noi. In questo articolo riportiamo l’ultimo intervento.
Una delle cose belle di questo periodo è riuscire a dedicarmi di più alla lettura. Specialmente trovare nel fine settimana anche del tempo per leggere il Corano. Quando ero piccola odiavo la domenica mattina. Dopo una settimana di scuola non mi veniva concessa quell’ora in più di sonno. Motivo? I miei genitori insistevano che mi svegliassi per imparare qualche sura e trascriverla a mano. Non capivo cosa facessi di male per non meritare del riposo e tanto meno perché dovessi memorizzare delle preghiere se tanto erano scritte, immobili e non sarebbero scappate da nessuna parte. Quando poi chiedevo ai miei amici se anche i loro genitori li obbligavano a fare lo stesso mi rispondevano di no, che loro le preghiere le leggevano e basta e che a memoria ne sapevano poche. All’epoca non conoscevo altri bambini non cristiani con cui confrontarmi, perciò ero giunta alla conclusione che fosse solo un’ossessione antiquata dei miei genitori.      Continua nell’ ALLEGATO

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