MEDICI SENZA FRONTIERE: IL SIGNIFICATO DI UN “NO” (Medici senza Frontiere)

25-6Medici senza Frontiere è sicuramente la più famosa tra le Ong impegnate nel salvataggio  di migranti che non ha sottoscritto il Codice voluto dal Governo italiano. Riportiamo la seconda parte della lettera, inviata al Ministro dell’Interno, dove si spiega nel dettaglio i motivi del rifiuto.

(…) Abbiamo sempre sottolineato che   l’Attività di Ricerca e Soccorso (SAR) in mare   ha il solo obiettivo di salvare vite in pericolo e che la responsabilità di organizzare e condurre questa attività risiede innanzitutto nelle istituzioni statali. L’impegno di MSF e delle altre organizzazioni umanitarie nelle attività SAR mira anzitutto a colmare un vuoto di responsabilità lasciato dai governi: auspichiamo che questo vuoto sia solo temporaneo e da tempo chiediamo agli Stati membri UE di creare un meccanismo dedicato e proattivo di ricerca e soccorso che integri gli sforzi compiuti dalle autorità italiane. Dal nostro punto di vista, il Codice di Condotta non riafferma con sufficiente chiarezza la priorità del salvataggio in mare, non riconosce il ruolo di supplenza svolto dalle organizzazioni umanitarie e soprattutto non si propone di introdurre misure specifiche orientate in primo luogo a rafforzare il sistema di ricerca e soccorso.                                             La lettera di MsF continua nell’ ALLEGATO

AVVISO DI GARANZIA PER DON MOSÈ ZERAI (Redazione + Avvenire)

25-5Un avviso di garanzia è stato notificato al sacerdote eritreo Mosè Zerai, candidato al Nobel per la pace nel 2015 e impegnato da anni negli aiuti umanitari ai profughi. Con l’iscrizione nel registro degli indagati, la Procura di Trapani, che conduce l’inchiesta sulla ong tedesca Jugend Rettet, lo accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.
Le indagini che hanno portato al provvedimento, eseguite dalla Squadra mobile della città siciliana sarebbero cominciate, però, nel novembre scorso. Don Zerai, fondatore e presidente dell’agenzia di informazione Habeshia, “il salvagente dei migranti”, offre assistenza telefonica a chi si accinge a partire, avvertendo le autorità quando imbarcazioni che attraversano il Mediterraneo si trovano in difficoltà e hanno bisogno di un intervento di salvataggio. “Ho saputo solo lunedì dell’indagine – commenta il sacerdote – e voglio andare fino in fondo alla vicenda. Sono rientrato a Roma dall’Etiopia di proposito. In passato ricevevo moltissime telefonate ogni giorno – aggiunge – oggi invece ne ricevo molte meno e non saprei dire perché: il mio intervento però è sempre stato a scopo umanitario”.
Riportiamo un’intervista rilasciata a padre dal quotidiano Avvenire cinque giorni fa, nella quale chiarisce la sua posizione.

                                                                                      Riportiamo l’intervista a P. Zerai al quotidiano Avvenire nell’ ALLEGATO

RIPARTIAMO DALL’OVVIO (Camillo Ripamonti)

25-4Sacerdote, presidente Centro Astalli – Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia – Camillo Ripamonti in questa lettera-articolo, scritto al quotidiano Avvenire, cerca di riportare la riflessione su quei binari di umanità, ragionevolezza e civiltà che anche in Italia sembra si stiano perdendo.

Caro direttore,
ripartiamo da quanto dovrebbe essere ovvio. In quest’estate in cui dibattito politico e mediatico si occupano dei migranti e dei rifugiati senza quasi mai mettere a fuoco chi sono, quali storie hanno, che sogni e aspirazioni li spingono a rischiare   la vita verso un “dove” dove troppi li considerano peso e li rifiutano come pietre di scarto, pare davvero ripartire dall’ovvio, cioè dal riportare al centro i soggetti della migrazione, coloro che migrano. Cosificati da politiche di interesse, è giusto e necessario restituire loro la dignità di persone. Ogni giorno che passa di questa calda estate insieme alle migliaia di ettari di bosco del nostro Paese, sembrano andare in fumo anche i più banali princìpi di umanità e civiltà che ne costituiscono le fondamenta.                                                                                                                                      L’articolo prosegue nell’ ALLEGATO

MIGRANTI, CHI INFLIGGE COLPI MORTALI AL CODICE MORALE (Marco Revelli)

25-3Marco Revelli, storico, sociologo e politologo interviene nel dibattito con questa riflessione. Non era ancora accaduto infatti, nel lungo dopoguerra almeno, in Europa e nel mondo cosiddetto «civile», che la solidarietà, il salvataggio di vite umane, l’«umanità» come pratica individuale e collettiva, fossero stigmatizzati, circondati di diffidenza, scoraggiati e puniti.
Negli ultimi giorni qualcosa di spaventosamente grave è accaduto, nella calura di mezza estate. Senza trovare quasi resistenza, con la forza inerte dell’apparente normalità, la dimensione dell’«inumano» è entrata nel nostro orizzonte, l’ha contaminato e occupato facendosi logica politica e linguaggio mediatico. E per questa via ha inferto un colpo mortale al nostro senso morale.
L’«inumano», è bene chiarirlo, non è la mera dimensione ferina della natura contrapposta all’acculturata condizione umana.
Non è il «mostruoso» che appare a prima vista estraneo all’uomo. Al contrario è un atteggiamento propriamente umano: l’«inumano» – come ha scritto Carlo Galli – «è piuttosto il presentarsi attuale della possibilità che l’uomo sia nulla per l’altro uomo».                                                                                                                                                L’articolo prosegue nell’ ALLEGATO

PADRE GIUSEPPE FORNONI LASCIA LA PARROCCHIA DEI SABBIONI (Redazione)

25-2Lui dice che sono passati ormai 10 anni da quando ha messo piede in territorio cremasco. A noi sembra molto meno o forse molti di più, abituati a vederlo con un improbabile saio addosso (il minimo sindacale, verrebbe da dire), impegnato nelle più disparate attività. Sempre pronto ad ascoltarti, magari a perdere anche un’ora preziosa per rispondere ad un tuo quesito, perché attento all’aspetto umano della relazione, padre Giuseppe è stato un parroco molto attento alla realtà che si muove dentro e intorno alla Parrocchia.
Sicuramente il nuovo incarico significherà per P. Giuseppe un salto qualitativo come impegno e responsabilità di lavoro, anche se sarà vissuto semplicemente come un’altra opportunità di incarnare il Vangelo nella sequela gioiosa e radicale di Francesco d’Assisi.
Un grande augurio di buon lavoro a te, padre Giuseppe con la speranza che chi verrà dopo di te sappia far tesoro della lezione comunitaria fin qui vissuta dalla Parrocchia dei Sabbioni. Ci mancherai. Un abbraccio.

CAMERUN, UN PICCOLO IMPRENDITORE BATTE LA NESTLÉ (Africa)

25-1Davide ha battuto Golia. La storia di è ripetuta in Camerun dove un piccolo imprenditore locale è riuscito portare in Tribunale e a sconfiggere la Nestlé.

La battaglia è durata 15 anni e non tutto è stato semplice per Pio Bissek, 72 anni amministratore delegato della Codilait. Alla fine, però, la multinazionale elvetica, che fattura 82 miliardi di euro, è stata condannata per concorrenza sleale e ha dovuto pagargli 15 milioni di euro di danni.
Ma facciamo un passo indietro. Siamo a metà degli anni Novanta. In Camerun si scatena una guerra commerciale sul latte condensato. La Codilait, azienda che dà lavoro a 200 dipendenti, produce «Super Milk», un latte condensato la cui confezione da 400 g viene venduta a 2,13 euro. È il primo latte condensato interamente camerunese e non importato dall’estero. In quello stesso periodo però la Nestlè lancia un prodotto concorrente, «Gloria», a meno di 2 euro.                                                                                                                                                     L’articolo prosegue nell’ ALLEGATO

GESÙ NON CI LEVA I PESI DALLA VITA, MA L’ANGOSCIA DAL CUORE (Papa Francesco – Angelus 09.07.17)

1Nel Vangelo di oggi Gesù dice: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Il Signore non riserva questa frase a qualcuno dei suoi amici, no, la rivolge a “tutti” coloro che sono stanchi e oppressi dalla vita.

 Carissimi Fratelli e Sorelle,

E chi può sentirsi escluso da questo invito? Il Signore sa quanto la vita può essere pesante. Sa che molte cose affaticano il cuore: delusioni e ferite del passato, pesi da portare e torti da sopportare nel presente, incertezze e preoccupazioni per il futuro. Di fronte a tutto questo, la prima parola di Gesù è un invito, un invito a muoversi e reagire: “Venite”. Lo sbaglio, quando le cose vanno male, è restare dove si è, coricato lì. Sembra evidente, ma quanto è difficile reagire e aprirsi! Non è facile. Nei momenti bui viene naturale stare con sé stessi, rimuginare su quanto è ingiusta la vita, su quanto sono ingrati gli altri e com’è cattivo il mondo, e così via. Tutti lo sappiamo.                                                                                                                                            L’ Angelus continua nell’ ALLEGATO

TROVIAMO IL CORAGGIO DI FARE UNA BELLA BONIFICA DEL NOSTRO TERRENO, CIOÈ DEL NOSTRO CUORE (Papa Francesco – Angelus: 16.07.17)

Gesù, quando parlava, usava un linguaggio semplice e si serviva anche di immagini, che erano esempi tratti dalla vita quotidiana, in modo da poter essere compreso facilmente da tutti. Per questo lo ascoltavano volentieri e apprezzavano il suo messaggio che arrivava dritto nel loro cuore.

 Carissimi Fratelli e Sorelle,

 Non era quel linguaggio complicato da comprendere, quello che usavano i dottori della Legge del tempo, che non si capiva bene ma che era pieno di rigidità e allontanava la gente. E con questo linguaggio Gesù faceva capire il mistero del Regno di Dio; non era una teologia complicata. E un esempio è quello che oggi porta il Vangelo: la parabola del seminatore.                                                                                                                                                                    L’ Angelus continua nell’ ALLEGATO

LA BREVE VITA DI CHARLIE (Redazione)

1Ripercorriamo rapidamente le principali tappe della vita di Charlie Gard. Una vita segnata fondamentalmente  dalle sentenze dei tribunali.

Charlie era nato il 4 agosto 2016: fra pochi giorni avrebbe compiuto un anno.
All’inizio sembrava del tutto sano, ma   dopo alcune settimane ha manifestato i sintomi di una rarissima malattia degenerativa: la Sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, una malattia di cui sono noti    solo altri 16 casi in tutto il mondo e che impedisce al corpo di produrre sufficiente energia per alimentare da solo organi vitali interni come fegato e cervello, che così deperiscono progressivamente ed in modo inarrestabile.
Lunghissima la battaglia legale sostenuta dai genitori che volevano curarlo grazie a terapie sperimentali negli Stati Uniti, nonostante il diniego del Great Ormond Street Hospital di Londra, dove era ricoverato. I medici dell’ospedale avevano infatti dichiarato il bambino incurabile, decretando il distacco della macchina che consentiva al piccolo di respirare.
Per tre volte i genitori si sono visti confermata questa decisione in altrettanti gradi di giudizio dei tribunali di Londra.
Lo stesso è avvenuto il 27 giugno quando la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo si è rifiutata di intervenire.
La coppia alla fine si è arresa, ma denunciando i ritardi burocratici e giuridici, ritenendo che si dovesse intervenire subito per tentare il tutto per tutto per salvare il piccolo. Migliaia le preghiere, le dichiarazioni di affetto che sono arrivate alla famiglia Gard, tra le quali anche quelle di papa Francesco e del presidente Trump.
Il 27 luglio Charlie viene trasferito in una struttura per malati terminali (hospice).
Il 28 luglio Charlie è stato estubato e quindi staccato dalla macchina per la ventilazione che gli consentiva di respirare. La morte è arrivata poco dopo. I genitori avrebbero voluto portarlo a casa per farlo morire nella sua cameretta, ma non è stato possibile perché materialmente le macchine che lo tenevano in vita non passavano attraverso la porta di casa. Questa la reazione della madre: “il Great Ormond Street Hospital ci ha negato il nostro ultimo desiderio”.

PERCHÉ CON CHARLIE SI SCIVOLA NELL’ACCANIMENTO TERAPEUTICO (Alessandra Rigoli)

1Nata a Milano nel 1987 e con diploma scientifico all’Istituto Sacro Cuore a Milano, si laurea con lode in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano nel 2012. Attualmente al 4 anno di scuola di specialità in Anestesia e Rianimazione presso la stessa università. Riportiamo un post scritto da Alessandra Rigoli su Facebook, nel quale cerca di fare chiarezza sulle tante cose dette su Charlie, tra cui l’accanimento terapeutico. 

Credo sia davvero sbagliata la posizione espressa da alcuni circa la vicenda di Charlie e trovo molto gravi le accuse che vengono rivolte a medici e giudici di essere assassini. Accuse gravi e ingiustificabili. Che mi spaventano molto. Anche perché me le sono sentite rivolgere in una circostanza simile a questa e non è bello quando la tua professionalità, il tuo impegno a servire i pazienti, soprattutto i più piccoli, le scelte durissime che fai in coscienza e per cui non dormi la notte, non solo vengono messi in dubbio – che sarebbe anche utile – ma vengono calpestati con aggressività da persone che non hanno alcuna competenza. Non credo che si tratti di toni degni dello stile cristiano comunque ed è questo mi ha indotto a scrivere qualcosa sull’argomento anche in base a richieste di molti amici. Detto questo voglio provare a chiarire perché penso che medici e giudici abbiano scelto una cosa buona per Charlie. Il mio è solo il parere di un medico cattolico che si pone, senza idee prefissate o preconcetti ma cercando una sguardo di verità e carità, di fronte alle singole e specifiche situazioni che incontra.                                   La riflessione continua nell’ ALLEGATO