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Ma questo Paese e questo Continente meritano di essere rispettati e ascoltati, meritano spazio e attenzione:
giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo,
giù le mani dall’Africa!
soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare. L’Africa sia protagonista del suo destino!

NO alla violenza,
sempre e comunque, senza “se” e senza “ma”.
Amare la propria gente non significa nutrire odio nei riguardi degli altri.
NO alla rassegnazione.
La pace chiede di combattere lo scoraggiamento,
lo sconforto e la sfiducia che portano a credere che sia meglio diffidare di tutti, vivere separati e distanti piuttosto che
tendersi la mano e camminare insieme.
SÌ alla riconciliazione.
Amici, è meraviglioso quanto state per fare.
Volete impegnarvi a perdonarvi a vicenda e a ripudiare le guerre e i conflitti
per risolvere le distanze e le differenze.
SÌ alla speranza.
Se può rappresentare la riconciliazione come un albero,
come una palma che dà frutto,
la speranza è l’acqua che la rende florida.
 
Vorrei suggerirvi alcuni “ingredienti per il futuro”:
cinque, che potete associare proprio alle dita di una mano.
Al pollice, il dito più vicino al cuore,
corrisponde la preghiera, che fa pulsare la vita.
Ora guardiamo al secondo dito, l’indice.
Con esso indichiamo qualcosa agli altri.
Gli altri, la comunità, ecco il secondo ingrediente.
Arriviamo al dito centrale, che si eleva al di sopra degli altri
quasi a ricordarci qualcosa di imprescindibile. È l’onestà!
Senza onestà siamo pagani, idolatri che adorano il proprio io anziché Dio,
che si servono degli altri anziché servire gli altri.
Siamo al quarto dito, l’anulare.
Ma l’anulare è anche il dito più debole, quello che fa più fatica ad alzarsi.
Ci ricorda che i grandi traguardi della vita,
l’amore anzitutto, passano attraverso fragilità, fatiche e difficoltà.
Ma, nelle nostre fragilità qual è la forza che ci fa andare avanti?
Il perdono. Perché perdonare vuol dire saper ricominciare.
Siamo all’ultimo dito, il più piccolo.
È proprio la piccolezza, il farsi piccoli che attira Dio.
C’è una parola chiave in questo senso: servizio.
Chi serve si fa piccolo.

Fratelli e sorelle, è l’ora della pace!
Distinte Autorità, siete voi queste sorgenti,
le sorgenti che irrigano la convivenza comune,
i padri e le madri di questo Paese fanciullo.
Voi siete chiamati a rigenerare la vita sociale,
come fonti limpide di prosperità e di pace,
perché di questo hanno bisogno i figli del Sud Sudan:
hanno bisogno di padri, non di padroni;
di passi stabili di sviluppo, non di continue cadute.

Dai discorsi di papa FRANCESCO nel suo viaggio
in Congo e Sud Sudan

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,
questa volta la lettera è un semplice saluto e una preghiera.
Un saluto perché la nostra COMUNICAZIONE si prende una pausa di due settimane, per accompagnare il Vescovo Daniele e don Maurizio Vailati in Uruguay. È un’occasione importante per rinforzare i legami con la nostra Chiesa sorella di San José de Mayo e per essere vicini a don Maurizio in un momento importante sia per la sua vita come per quella della nostra Chiesa Cremasca. In realtà don Maurizio non ha certo bisogno di essere accompagnato: possiede una solida preparazione teologica, ha accumulato una considerevole competenza pastorale, senza contare le molte esperienze che negli anni lo hanno arricchito… No, siamo noi che vogliamo e dobbiamo accompagnarlo per essere presenti nel momento in cui si metterà al servizio della Diocesi di San Josè nella parrocchia del Delta del Tigre e testimoniare, insieme a lui e per mezzo di lui, che noi, Diocesi di Crema, ci assumiamo l’impegno di camminare insieme a loro, ai nostri fratelli dell’Uruguay.
La seconda cosa che vi chiedo è una preghiera, nel senso letterale della parola. Abbiamo bisogno di essere accompagnati dalla preghiera di tanti fratelli e sorelle, affinché nessuno si perda d’animo di fronte a un compito così impegnativo. “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il Padrone della messe…”. Siamo tutti operai nella messe del Signore. L’importante è che ne prendiamo consapevolezza ed operiamo di conseguenza.

Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes 

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NESSUN DONO VADA SPRECATO (Angelus, 29-01-2023)

1a. gioba-29012023Nella Liturgia odierna si proclamano le Beatitudini secondo il Vangelo di Matteo (cfr Mt 5,1-12). La prima è fondamentale e dice così: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (v. 3).
Chi sono i “poveri in spirito”? Sono coloro che sanno di non bastare a sé stessi, di non essere autosufficienti, e vivono come “mendicanti di Dio”: si sentono bisognosi di Dio e riconoscono che il bene viene da Lui, come dono, come grazia. Chi è povero in spirito fa tesoro di quello che riceve; perciò desidera che nessun dono vada sprecato. Oggi vorrei soffermarmi su questo aspetto tipico dei poveri in spirito: non sprecare. I poveri in spirito cercano di non sprecare nulla. Gesù ci mostra l’importanza di non sprecare, ad esempio dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, quando chiede di raccogliere il cibo avanzato perché nulla vada perduto (cfr Gv 6,12). Non sprecare ci permette di apprezzare il valore di noi stessi, delle persone e delle cose. Purtroppo, però, è un principio spesso disatteso, soprattutto nelle società più agiate, in cui domina la cultura dello spreco e la cultura dello scarto: ambedue sono una peste. Vorrei proporvi allora tre sfide contro la mentalità dello spreco e dello scarto.       Continua nell’ ALLEGATO

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QUESTA TERRA, BELLISSIMA E MARTORIATA, HA BISOGNO DELLA LUCE CHE OGNUNO DI VOI È!

2a. papaRiportiamo l’omelia che papa Francesco ha pronunciato durante la Messa conclusiva celebrata presso il Mausoleo “John Garang” di Giuba in Sud Sudan.

Le parole che l’Apostolo Paolo ha rivolto alla comunità di Corinto nella seconda Lettura, vorrei oggi farle mie e ripeterle davanti a voi: «Quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» (1 Cor 2,1-2). Sì, la trepidazione di Paolo è anche la mia, nel trovarmi qui con voi nel nome di Gesù Cristo, il Dio dell’amore, il Dio che ha realizzato la pace attraverso la sua croce; Gesù, Dio crocifisso per tutti noi; Gesù, crocifisso in chi soffre; Gesù, crocifisso nella vita di tanti di voi, in molte persone di questo Paese; Gesù il Risorto, vincitore sul male e sulla morte.
Vengo a voi a proclamarvi Lui, a confermarvi in Lui, perché l’annuncio di Cristo è annuncio di speranza: Egli, infatti, conosce le angosce e le attese che portate nel cuore, le gioie e le fatiche che segnano la vostra vita, le tenebre che vi opprimono e la fede che, come un canto nella notte, levate al Cielo. Gesù vi conosce e vi ama; se rimaniamo in Lui, non dobbiamo temere, perché anche per noi ogni croce si trasformerà in risurrezione, ogni tristezza in speranza, ogni lamento in danza.        Continua nell’ ALLEGATO

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NEL RICORDO DEL BEATO CREMONESI IL DRAMMA DI UN POPOLO (a cura del centro Missionario Diocesano)

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Per il terzo anno consecutivo, il 7 febbraio, ricorrenza del martirio del Beato Alfredo Cremonesi, coincide con un altro martirio, quello del popolo birmano. Faremo memoria del duplice dramma sia nella Veglia (ore 20) che nella Messa (ore 21) che verranno celebrate in Duomo.

Il primo febbraio 2021 infatti il Tatmadaw, l’esercito del Myanmar, rovesciava il governo liberamente eretto della Lega Nazionale per la Democrazia (LND), arrestava gli esponenti più in vista del partito, compresa il premio Nobel a Aung San Suu Kyi , leader indiscussa del partito e simbolo della lotta contro i militari. Si apriva così una nuova stagione di violenze nel Paese, governato con il pugno di ferro dai militari dal 1962, ma che dal 2011 aveva registrato qualche apertura democratica, tra cui la possibilità di organizzare le elezioni parlamentari. Da 24 mesi l’esercito del Myanmar continua ad arrestare arbitrariamente, torturare, uccidere e a commettere gravi violazioni dei diritti umani. La società civile infatti ha reagito con molta determinazione al colpo di stato. Proteste sono state organizzate a vari livelli, dagli scioperi ai cortei di piazza, spesso con cadenze regolari. I più attivi sono stati i giovani e i ragazzi e ragazze della generazione Z, i giovanissimi cresciuti nell’era della cosiddetta “transizione” e che ritengono inaccettabile la dittatura militare.        Continua nell’ ALLEGATO

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LA MORTE NON È MAI UNA SOLUZIONE (C.A.V e M.p.V.)

4a. giornata-per-la-vita-45-1024x575Questo lo slogan suggerito dai Vescovi italiani in occasione della 45a Giornata Per La Vita, ricordata domenica scorsa 5 gennaio. Alla celebrazione che si è svolta in Duomo hanno partecipato, oltre al Centro di Aiuto alla Vita e al Movimento per la Vita, l’Ufficio Migrantes della Diocesi e l’Associazione Cremasca Cure Palliative “Alfio Privitera”.

Come ogni anno i Vescovi italiani hanno diffuso il loro messaggio il cui tema è” La morte non è mai una soluzione.” “Dio ha creato tutte le cose perché esistano: le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte” (Sap. 1,14)
Il messaggio vuole smascherare la cultura della morte che sembra permeare la nostra società soffermandosi su alcuni nodi di fondo: l’aborto, l’eutanasia, il suicidio assistito, la chiusura verso i migranti e i rifugiati, la guerra che devasta non solo l’Ucraina, ma tanti altri paesi.        Continua nell’ ALLEGATO

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NOTIZIE FLASH DAL MONDO

a cura del Gruppo di Animazione missionaria di Scannabue

COSTA D’AVORIO: UN BUON ANNO PIENO DI SPERANZA!

P. Anand Khrisna Mikkili, indiano, parla il telugu, ma ha studiato al seminario di Monza e ha dovuto imparare l’italiano. Destinato poi come missionario in Costa d’Avorio ha cominciato a parlare francese. L’esperienza dei diversi idiomi gli ha insegnato che ogni cultura genera una lingua e ogni lingua esprime una cultura.
Lo sta sperimentando nella regione di Bouakè, in Costa d’Avorio: anche quando si usa il francese, il vocabolario è arricchito di parole o di espressioni tipiche della cultura locale e del modo di vivere il tempo, lo spazio e le relazioni.
Una delle espressioni più tipiche, ad esempio, è : “Ça va aller” (Andrà tutto bene)“.        Continua nell’ ALLEGATO

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LIBERATE LA PACE (La Redazione)

I NOMI DEGLI OSTAGGI PRIGIONIERI NEL SAHEL E PER I QUALI PADRE GIGI CI INVITA A PREGARE GIORNALMENTE

Ecco l’elenco aggiornato delle persone rapite nel Sahel e tuttora ostaggio nelle mani dei loro rapitori.

  1. Iulian Ghergut – rumeno – prigioniero da 7 anni e mezzo
  2. Arthur Kennet Elliott – medico australiano – prig diioniero da 6 anni e 10 mesi
  3. Jeffrey Woodke – Stati Uniti d’America – prigioniero da 6 anni
  4. Christopher Botma – Sudafricano – prigioniero da 4 anni
  5. Joel Yougbaré – sacerdote burkinabé – prigioniero da 3 anni e mezzo
  6. Olivier Dubois – giornalista francese – prigioniero da 1 anno e mezzo
  7. Giovanni
  8. Rocco e
  9. Donatella Langone, della Basilicata e rapiti in Mali il 19 maggio 2022 insieme a un amico del Togo.
  10. Hans Joachim LOHRE – tedesco – rapito in Mali il 20.11.2022             Continua nell’ ALLEGATO

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