Yodit, una donna eritrea in Sicilia da 35 anni, ha avuto in affido il minore ospite di una comunità “Ogni giorno che passa basta un suo sorriso per capire che insieme possiamo farcela”
Quando l’ha conosciuto quel bambino non era capace di sorridere. Per Francesco (il nome è di fantasia), sette anni e metà della vita passata in una comunità per minori, mostrarsi felice era soltanto un’azione per accontentare gli altri.
Da 16 mesi, però, tutto è cambiato. Yodit Abraha, 46 anni, nata ad Asmara in Eritrea e a Palermo da quando aveva 11 anni, è diventata la sua nuova mamma. La prima mamma di origine straniera a prendere in affido un bimbo palermitano. Nessuno più di lei, psicologa e mediatrice interculturale che da venti anni lavora nelle comunità e oggi è responsabile di uno Sprar, sa cosa possa significare per un bambino crescere lontano dalla famiglia. «Quando l’ho conosciuto diceva che era brutto e incapace – dice Yodit – Adesso dice di essere bellissimo. I primi mesi non mi sono accorta neanche del colore di suoi occhi, talmente era assente e chiuso in se stesso. Un giorno, d’improvviso, ho scoperto che erano verde smeraldo. A un certo punto è successo qualcosa che ha fatto scattare un legame che cresce ogni giorno di più».
Alla fine del 2018, dopo un lungo periodo di riflessione, Abraha decide di proporsi come mamma affidataria al Comune di Palermo. «La cosa certa – dice la psicologa – è che avrei scelto un minore palermitano. Sono quelli che rischiano di più di crescere nelle comunità, a differenza degli stranieri che vanno subito in adozione o vengono ricongiunti con i loro genitori dopo poco tempo. Ma avevo un grande dubbio: il bambino o la bambina italiana avrebbe voluto una mamma nera?». Continua nell’ ALLEGATO
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