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Notiziario – riflessioni

THE ECONOMY OF FRANCESCO: ALCUNE CONSIDERAZIONI ANDREA MOBIGLIA

2a. economy-francescoAd Assisi si sono recentemente ritrovati (in modalità online) numerosi giovani per ripensare il paradigma economico: proviamo a svolgere alcune considerazioni, a partire dal terreno della dottrina sociale della Chiesa.

3 dicembre 2020

Con The economy of Francesco, l’evento voluto dal Papa ad Assisi (avvenuto a distanza a causa della pandemia), Francesco ha chiesto a giovani economisti di tutto il mondo di incontrarsi, dialogare, leggere la realtà e provare a porre le basi per una nuova visione dell’economia, si è concluso di recente.
L’invito del Papa è quello di sfruttare l’occasione per «avviare processi, tracciare percorsi, allargare orizzonti» per creare «una nuova mentalità culturale e, quindi, economica, politica e sociale»; per avere un’economia più umana, più al servizio delle persone e che non continui a sostenere la “cultura dello scarto”, come la definisce Francesco, è urgente porsi una domanda che precede la costruzione di un nuovo modello economico, che appare sempre più necessario dato l’aggravarsi delle disparità sociali (da questo punto di vista la pandemia ha aperto gli occhi, questo modello di sviluppo non è più sostenibile): come i cristiani possono essere presenti nell’economia? Come avere «lo sguardo di Gesù»[1]?          Continua nell’ ALLEGATO

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Il Centro Missionario informa…

LA PAROLA HA PRESO CASA
Proposte di riflessione per l’avvento

Microsoft Word - AAC_LOCANDINA Proposta Avvento e Natale.docx

…LUOGO DI NASCONDIMENTO… PER FARE EMERGERE

… quale prospettiva
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,6-8.19-28)
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti
a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo».
Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato.
Che cosa dici di te stesso?».      Continua negli allegati  ( Alleg. 1)  – ( Alleg. 2)

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

permettetemi di ritornare un momento su un avvenimento che, come purtroppo è successo per molti altre promossi dal papa o dalla Chiesa in genere, è scivolato via senza lasciare traccia o quasi. Mi riferisco all’evento Economy of Francesco seguita dall’informazione generale con la stessa sufficienza con cui si è obbligati a prendersi cura di qualcosa per dovere e non per convinzione. Basta dare un’occhiata alla rassegna stampa che si è fermata al classico articolo di circostanza.
Ma perché Papa Francesco ha voluto a tutti i costi coinvolgere 2000 giovani impegnati in attività economiche e provenienti da 115 Paesi diversi, riproponendo con caparbietà lo stesso evento, bloccato inizialmente dal Covid, otto mesi dopo? Non certo per raccogliere qualche distratto applauso. Allora cerchiamo di capire perché non si è parlato genericamente di un’economia giusta o equa o anche solo solidale, ma si è tirata in ballo, fin dal titolo, la personalità del santo di Assisi.
Come acutamente osserva Giacomo TODESCHINI sul sito Globalist il 22 novembre scorso, il termine ideologico di riferimento della proposta contenuta nell’Economia di Francesco è la spiritualità francescana intesa come realtà storica all’origine di un modello economico in contrasto con quello vigente. È come se si marcasse una continuità tra l’economia suggerita dall’esperienza storica di San Francesco e quella proposta, 800 anni dopo, dall’attuale Papa nell’enciclica Fratelli tutti, ossia tra l’economia prospettata da Francesco e dai francescani, nel medioevo e oltre, e l’economia solidaristica o “di fraternità” odierna che si contrappone all’egoismo economico a oltranza e alla guerra economica di tutti contro tutti.          Continua nell’ ALLEGATO

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IL VACCINO CI AIUTERÀ, MA NON CI LIBERERÀ DALLE PANDEMIE (Ernesto Burgio)

3a. Il vaccino-anti-covidCovid-19. L’argomento più dibattuto è quello dei rischi e al momento non possiamo avere dati certi: i numeri sono piccoli, e gli effetti più temuti arrivano a lungo termine. La pandemia non è un “incidente biologico” da curare con farmaci e vaccini, ma il sintomo di una malattia, cronica e rapidamente progressiva, dell’intera biosfera

Non sembrano essere in molti, in questi giorni, a rendersi conto che l’Italia è tornata, come nel marzo scorso, il paese in cui la pandemia miete più vittime. Eppure i dati epidemiologici sono eloquenti: per numero dei contagi abbiamo raggiunto l’ottavo posto, ma l’indice di letalità è secondo solo a Messico e Iran e in linea con Gran Bretagna e Perù. Persino Stati Uniti e Brasile sembrano star meglio di noi. Se poi guardiamo al numero dei decessi giornalieri, siamo tornati in cima alla lista e il presidente dei medici del FNOMCeO (Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri) ha denunciato la morte di altri 27 medici in 10 giorni, e parlato di «strage degli innocenti».
Eppure, nel nostro paese si fa a gara nell’interpretare ottimisticamente i primi rallentamenti della curva dei contagi; ci si schiera in modo sempre più critico nei confronti delle strategie di contenimento decise dal governo; si cerca di convincere tutti che la svolta è dietro l’angolo, grazie a vaccini dichiarati in tempi record efficaci e sicuri, mediante comunicati stampa, dalle stesse multinazionali che li producono; si attacca chi si permette di avanzare dubbi non sull’importanza dei vaccini, ma sulle modalità della comunicazione e sull’eccessiva fretta con cui si è proceduto, per la prima volta nella storia, nel percorso di sperimentazione. Eppure, sono le principali testate scientifiche del mondo e in particolare The Lancet a sottolineare come sia legittimo sperare nei risultati così trionfalmente annunciati, ma che alcuni nodi dovrebbero essere sciolti prima di gridar vittoria.          Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

è passato un po’ in sordina l’evento Economy of Francesco (per comodità e partigianeria lo chiamerò Economia di Francesco), che dal 19 al 21 di novembre ha riunito almeno 2.000 giovani  economisti, imprenditori, studiosi provenienti da tutto il mondo. Questa almeno era l’idea iniziale prevista per la fine di marzo. Poi il CoViD-19 ha rimescolato le carte e tutto si è svolto otto mesi dopo e in collegamento internet.

Sicuramente è stata la pandemia, che da quasi un anno occupa col suo carico di paura e di morte le prime pagine dei quotidiani, ad oscurare l’evento fortemente voluto da papa Francesco. E non è un caso che sia stata un’altra morte, questa volta contrassegnata dal sigillo del mito di Maradona, ad aver soppiantato, per un giorno, le abituali notizie.

Credo però che l’opinione pubblica in generale abbia sottovalutato Economia di Francesco perché l’ha catalogata come la solita vetrina di buone intenzioni come troppo spesso sono apparsi certi documenti della Chiesa.         Continua nell’ ALLEGATO

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LA CROCE SULLE SPALLE E LO SGUARDO SULLE STELLE (P. Gigi Maccalli)

2a. La croce sulle...Riportiamo la testimonianza che P. Gigi ha offerto ai giovani durante la Veglia di Ringraziamento per la sua liberazione e per cominciare il tempo di Avvento, che si è tenuta nel Duomo di Crema il 22 novembre scorso.

Più che dura è stata lunga, una lunga attesa. Ogni giorno al tramonto del sole mi dicevo anche oggi è passato, speriamo domani… Attesa dice tensione: teso-a … La mia tensione interiore era costellata di domande a Dio: fino a quando Signore ti dimenticherai di me? Parla Signore il tuo servo ascolta… c’era tanto silenzio attorno a me e dentro di me.
Cosa dire di 2 anni di attesa e di prigionia… ho bisogno di tempo per rielaborare…mi sono appuntato su dei fogli alcune riflessioni … che un giorno spero riorganizzare.
Il deserto è stata la mia prigione, nel deserto tutto è ostile alla vita: tranne le stelle.  Provo a descrivervi il Sahara in 10 parole. Il Sahara e le sue 10 sorelle. 10 parole che iniziano tutte con “S”.

  •  5 descrivono cose esterne => sole, sabbia, spine, soffio di vento, stelle.
  •  5 situazioni interne => sete, solitudine, sofferenza, scherno e speranza.

1 – Le metto in coppia SOLE e SETE… il mese di maggio è un forno di calore e i 3/4 litri di acqua che bevevo non dissetavano in me la sete. Il sole regna ed impera in tutta la sua potenza durante il giorno. Mi proteggevo con telo, erba e un cappello in testa + turbante e sul volto un panno imbevuto d’acqua. Bollivo l’acqua in genere e bevevo molto thè verde. Ma nulla poteva dissetarmi la sete di vita e di libertà che sentivo bruciare dentro.           Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

abbiamo già avuto modo di costatare che una delle figure più ascoltate da sempre, ma in modo particolare in questi ultimi mesi, è, insieme al Papa, il nostro presidente Mattarella. Spesso abbiamo apprezzato il tempismo dei suoi interventi, l’equilibrio delle sue argomentazioni, lo spessore dei contenuti offerti. Ed è stato proprio  uno dei suoi ultimissimi discorsi a suscitare molto interesse nell’opinione pubblica, per aver colto, nel giro di poche frasi, due problemi fondamentali per il nostro benessere se non per la nostra sopravvivenza. Proviamo a rileggerle…

«Questo virus è ancora in parte sconosciuto, ma, tra gli altri aspetti, ci rendiamo conto che tende a dividerci. Tra fasce di età più o meno esposte ai rischi più gravi, tra categorie sociali più o meno colpite dalle conseguenze economiche, tra le stesse istituzioni chiamate a compiere le scelte necessarie – talvolta impopolari – per ridurre il contagio e garantire la doverosa assistenza a chi ne ha bisogno».

Il pluralismo e l’articolazione delle istituzioni repubblicane sono e devono essere moltiplicatori di energie positive, ma questo viene meno se, nell’emergenza, ci si divide.
La libertà rischia di indebolirsi quando si abbassa il grado di coesione, di unità tra le parti. E’ questa la prima responsabilità delle istituzioni democratiche, a tutti i livelli, e questa è la lezione che la pandemia ribadisce con durezza.          Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

                                      abbiamo voluto aprire questo numero della Comunicazione  con due fotogrammi tratti da uno dei filmati più drammatici che la cronaca di questi giorni ci abbia offerto. E a commento ci sono le parole disperate urlate dalla madre alla ricerca di quel figlio di solo sei mesi…
Immaginate, una notte – scrive Marina Corradi su Avvenire di ieri – di avere un incubo. Vi trovate in alto mare, sotto a un cielo color piombo. Siete rimaste sole su gommone che si è appena rovesciato, fra onde minacciose. Vi riprendete, ma vi ritrovate con le braccia vuote. E il bambino, mio Dio, il bambino di sei mesi che tenevate stretto come un tesoro? ‘Dov’è il mio bambino? Ho perso il mio bambino! Dov’è il mio bambino?’, gridate, e in quel momento vi svegliate, il cuore a cento all’ora. Ma non è un incubo, è tutto vero. Nel Mediterraneo, l’altro ieri. Un gommone con cento a bordo naufragato, Open Arms l’unica nave in soccorso, sei i morti accertati. Fra cui Joseph, sei mesi. Prologo, questa tragedia, a un’altra, di ieri: settantaquattro morti al largo di Khums, in Libia. Un nuovo massacro che non troverà molto spazio sui giornali.
Noi madri, padri, nonni, sappiamo tutti bene com’è un bambino di sei mesi, leggero ancora fra le braccia, gli occhi spalancati e curiosi, e i gorgoglii, e i sorrisi (sorridono, a quell’età, come se credessero in un mondo bellissimo). Provate, con uno di questi vostri bambini in braccio, a immaginare di salire su un gommone malmesso, stracarico, in un mare agitato. Come si fa a esporre un neonato al sole a picco dell’estate, alla sete, o alle tempeste dell’autunno e dell’inverno?          Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

siamo di nuovo in clausura e mi sembra giusto, oltre che opportuno cedere la parola al nostro vescovo Daniele e al suo messaggio alla diocesi di Crema  a fronte delle restrizioni dovute alla ripresa dell’emergenza CoViD-19

 Cari fratelli e sorelle in Cristo,

rivolgo a tutte e tutti voi il mio saluto più affettuoso e cordiale. Vi raggiungo alla vigilia di un nuovo periodo di difficoltà e restrizioni che ci troviamo a vivere, nel contesto del perdurare della pandemia CoViD-19, che si è rafforzata in tutta Europa nelle ultime settimane e che conosce una particolare recrudescenza anche nella nostra regione Lombardia, già duramente provata nella primavera scorsa.

Da domani, 6 novembre 2020, e per almeno due settimane, la nostra regione, qualificata come area caratterizzata «da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto» (più semplicemente: «zona rossa»), ancora una volta dovrà far fronte a diverse restrizioni piuttosto impegnative.
Invito tutti ad accogliere queste restrizioni con pazienza e fiducia, ciascuno facendo la sua parte nella costruzione del bene comune e nella salvaguardia della salute di tutti, come base necessaria di una buona convivenza e anche della tenuta del contesto sociale ed economico, di cui non possiamo fare a meno. Ricordo che le cautele e i limiti che ci sono chiesti, proteggendo la nostra e altrui salute, servono pure a non sovraccaricare il sistema sanitario, anche perché un eccesso di pazienti CoViD-19 toglierebbe forze e risorse alla cura di tante altre patologie, anche gravi, con conseguenze deleterie.            Continua nell’ ALLEGATO

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LA NECESSITÀ DI RIPENSARE IL RAPPORTO TRA EUROPA E RELIGIONE (Laura Zanfrini)

2a. La necessità di ripensare il rapporto tra Europa e religioneNon c’è una battaglia fra cristiani e musulmani, o fra l’Austria e i migranti, ma una lotta fra le molte persone che credono nella pace e alcuni che auspicano la guerra.

 Quella europea è la storia di lunghe e sanguinose “guerre di religione”. Analogamente, in molti paesi la religione è oggi ragione di conflitto, persecuzione e discriminazione; strumento di potere e controllo sociale; pretesto per preservare i privilegi dei gruppi dominanti; veicolo d’omologazione culturale; espediente per sovvertire la convivenza e imporre regimi autoritari o progetti politici criminali. I migranti sono testimon

i viventi di una geografia religiosa complessa e dei molti significati della fede. A volte schegge impazzite, lupi solitari o membri delle reti terroristiche internazionali, “simpatizzanti” dei folli progetti politici dell’Isis – come nel caso che ha sconvolto l’Austria in queste ore –, artefici di attentati vili ed efferati al grido Allahu akbar: questo sì un atto di blasfemia verso i fedeli musulmani. Più spesso, uomini e donne di diverse religioni partono alla volta dell’Europa portando con sé immagini e oggetti sacri, con la speranza (se non la fatalistica certezza) che il loro Dio li accompagnerà in ogni tappa del viaggio, che la fede preserverà le loro radici e li aiuterà a superare le difficoltà, che la religione sarà lo scudo difensivo per far crescere i figli in una società secolarizzata. In altri casi ancora, uomini e donne vittime della persecuzione religiosa o dell’ateismo di Stato trovano in Europa il luogo in cui sperimentare la libertà di professare la fede e di viverla in modo autentico affrancandosi dalle interpretazioni distorte dei precetti religiosi, l’occasione per metterne a frutto il potenziale generativo attraverso l’impegno civico e solidaristico, la motivazione per spezzare la logica del risentimento e sentirsi parte di una società pluralistica.          Continua nell’ ALLEGATO

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