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Notiziario – riflessioni

LA CROCE DI SABBIA NEL SAHEL (Mauro ARMANINO)

2. Croce-sabbia-22-10-18Si sta spegnendo, nel caldo, questa giornata missionaria nel Niger. La prima e l’unica di Pierluigi Maccalli, portato via dalla sabbia oltre un mese fa e da mani, piedi e moto, ignare del mese missionario che si avvia con pazienza al termine. La prima passata in schiavitù e l’unica per il senso della missione che da questo giorno sgorga come uno dei pozzi che ha fatto scavare nei villaggi che conosceva a menadito.

La missione è una croce di sabbia. È quella croce che Pierluigi sta scavando dal 17 di settembre scorso, di giorno e soprattutto la sera. Il sole, stanco del viaggio e del calore parte per riposare e lascia alla luna il compito di attraversare la notte. Scava con le mani e soprattutto col la mente che vorrebbe trovarsi lontano, libera, per attraversare i sentieri e le piste in attesa di una buona notizia.    Continua nell’ ALLEGATO

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COSA HA FAVORITO LA CRESCITA DEL JIHADISMO IN NIGER? (a cura di S. C. Turrin)

s200_uoldelul.chelati_dirarPer approfondire ciò che sta accadendo in questi ultimi anni in Niger, abbiamo intervistato Uoldelul Chelati Dirar, Professore di Storia e  istituzioni dell’Africa presso l’Università di Macerata (Dipartimento di Scienze Politiche, della Comunicazione e delle Relazioni Internazionali). In questa intervista il prof. Uoldelul Chelati Dirar ci spiega, da un punto di vista storico e sociologico, i motivi che hanno facilitato il  radicamento dei movimenti jihadisti in Niger e nei Paesi limitrofi.
Perché e come il Niger è stato coinvolto nel jihadismo?
Dal punto di vista storico, il jihadismo è un fenomeno in realtà ricorrente. In genere questo elemento non viene preso in considerazione, ma alla fine del ’700 e all’inizio dell’800 del secolo scorso, nella regione saheliana si è manifestata una forma molto simile a quella del  fondamentalismo islamico. Si trattava di una espressione islamica definibile spartana, ma radicale. È stato un fenomeno che già coinvolse un ampio territorio, dall’attuale Senegal alla Mauritana fino al Ciad. Quello del jihadismo è un fenomeno che esiste da tempo e ha una  matrice molto più complessa di quello che normalmente viene descritto.    Continua nell’ ALLEGATO
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COSA PREVEDE IL DECRETO SALVINI SU IMMIGRAZIONE E SICUREZZA (da Internazionale)

Palazzo Chigi - Insediamento del Presidente del Consiglio Enrico LettaIl 24 settembre il consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il cosiddetto decreto Salvini su immigrazione e sicurezza. Il decreto si compone di tre titoli: il primo si occupa di riforma del diritto d’asilo e della cittadinanza, il secondo di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata; e l’ultimo di amministrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia.

Nei giorni precedenti all’approvazione si erano diffuse delle voci su possibili dissidi tra i due partiti di maggioranza, Lega e Movimento 5 stelle, ma il ministro dell’interno Matteo Salvini durante la conferenza stampa a palazzo Chigi ha voluto sottolineare che i cinquestelle hanno approvato senza riserve il suo progetto di riforma.
All’inizio i decreti avrebbero dovuto essere due: il primo sull’immigrazione e il secondo sulla sicurezza e sui beni confiscati alle mafie, poi nel corso dell’ultima settimana sono state fatte delle “limature” e i due decreti sono stati accorpati in un unico provvedimento. Il decreto dovrà ora essere inviato al presidente della repubblica Sergio Mattarella che a sua volta deve autorizzare che la norma sia presentata alle camere.     Continua nell’ ALLEGATO

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ANTONIO CALÒ, IL PROFESSORE CHE OSPITA I PROFUGHI A CASA: “LAVORANO E SONO INTEGRATI” (Francesca Sforza)

CALOQuando accolse sei rifugiati nel Trevigiano fu insultato e minacciato. Nominato cittadino europeo dell’anno: non potevo stare a guardare

«Ti ammazzeranno, stupreranno tua moglie e tua figlia, ti porteranno via tutto», così gridavano, sventolando bandiere indipendentiste, alcuni degli abitanti di Camalò di Povegliano, 10 chilometri da Treviso, quando nel 2015 il professor Silvio Antonio Calò decise di portare a casa sua sei giovani africani, intorno ai vent’anni, per ospitarli in pianta stabile.
Oggi quei ragazzi lavorano tutti: due con un contratto a tempo indeterminato, gli altri con ottime speranze di averne uno. «Quando mi sono rivolto all’Ascom, che si occupa di tirocini professionali sul territorio – racconta il professore davanti a una sala gremita e curiosa, l’altra sera a Roma, alla Casa Internazionale delle Donne, in un incontro organizzato dall’Istituto Affari Internazionali, alla presenza di un solo politico, Emma Bonino – ho chiesto che fossero rispettate due condizioni: la prima che non si trattasse di finti lavori, magari per coprire contratti di maternità o altre cose senza prospettive, la seconda che non fossero lavori richiesti da altri italiani».      Continua nell’ ALLEGATO

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LA «DISCESA IN CAMPO» DELLA CHIESA ITALIANA (Roberto Beretta)

LampedusaNel caso della Diciotti i vescovi hanno preso posizione non con un’affermazione di principio, ma con un gesto puramente evangelico

Al di là delle (molte) considerazioni – umanitarie, evangeliche, giuridiche, sociali, politiche… – che solleva, la scelta di accogliere i migranti da parte della Chiesa italiana, pur non essendo certamente una novità per i cattolici (come giustamente Paola Springhetti ha già rivendicato qui), crea secondo me un precedente in qualche modo ecclesialmente “storico”. Cerco di dire in che senso con i classici tre punti.
1) Prima di tutto la gerarchia si è schierata. Tacitamente, implicitamente se volete: ma si è “schierata”. E non tanto contro un governo o un partito importante – questo l’aveva già fatto molte volte, per esempio nei casi dell’aborto o assai più recentemente della bioetica; ma “contro” una parte consistente della sua stessa base, se è vero – come è vero – che tantissimi cattolici praticanti sono con Salvini.    Continua nell’ ALLEGATO

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UNA TRAGEDIA FIGLIA DELLE GUERRE E DELLE POVERTÀ.

index30.07.2018, Giornata Mondiale contro la tratta degli esseri umani

«La schiavitù ha rappresentato una delle maggiori vergogne dell’umanità. Oggi, Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani, ci impone di ribadire la condanna e la battaglia contro ogni forma di schiavitù, vecchia e nuova.
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro denuncia che sono circa 40 milioni le persone vittime; di queste, quasi 25 milioni sono costrette al lavoro forzato e 15 milioni a forme di matrimonio forzato. Numeri impressionanti che hanno spinto le Nazioni Unite ad adottare l’obiettivo di eliminare il traffico di esseri umani entro il 2030.
Si tratta di degenerazioni della nostra società, piaghe da eradicare con fermezza che interrogano le nostre coscienze e ci chiamano a una reazione morale, a una risposta adeguata con un maggiore impegno culturale e civile.
Terreno agevole per queste nuove forme di schiavitù è il fenomeno migratorio.
Ogni giorno migliaia di persone pongono a rischio la propria vita e quella dei propri cari per mare e per terra, in condizioni disperate. Una tragedia figlia delle guerre, della povertà, dell’instabilità dello sviluppo precario, alimentata e sfruttata da ignobili trafficanti di esseri umani, che li avviano a un futuro di sopraffazioni: sfruttamento lavorativo, adozioni illegali, prelievo di organi, reclutamento da parte della criminalità organizzata, sfruttamento sessuale.
Nessun Paese è immune da questa sistematica violazione della dignità umana che interpella la responsabilità della comunità internazionale nella sua interezza, rifuggendo la tentazione di guardare altrove. Soltanto la cooperazione può sconfiggere questo fenomeno, con una Unione Europea consapevole dei propri valori e delle proprie responsabilità».

MATTARELLA – Presidente della Repubblica

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EBOLA IN CONGO: VACCINAZIONI A RISCHIO IN UN PAESE SENZA ELETTRICITÀ (Raffaele Masto)

Per fermare l’epidemia di Ebola, che ha già fatto registrare almeno 25 casi nella Repubblica Democratica del Congo, è partita la campagna di vaccinazione sperimentale lanciata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

4. EbolaVa detto subito che per ora ci sono solo quattromila vaccini. Una disponibilità esigua rispetto alle necessità. L’OMS ha deciso di dare la priorità ad operatori sanitari e addetti alle pompe funebri, ma pare che già alcuni politici della provincia interessata abbiano cercato di ottenere delle dosi per se stessi e per le loro famiglie.
Il vaccino è prodotto da Merck e non è ancora stato autorizzato, ma è stato testato tra il 2014 e il 2016 in Guinea e pare che nessuno dei vaccinati si sia poi ammalato.
Ci sono due punti critici.
Il primo è che il vaccino va conservato ad una temperatura tra -40 e -80 gradi e nella regione di Mbandaka sono frequentissimi i black out che durano a volte intere giornate. Inoltre la regione colpita è veramente remota, non ci sono strade e vi si arriva solo con le moto. Il vaccino dunque inevitabilmente va conservato in loco e trasportato.
Il secondo punto critico è che l’utilizzo del vaccino, non essendo ancora approvato, dipende dal consenso informato che deve essere firmato da tutti i pazienti. Quindi dovranno essere coinvolti dei traduttori per facilitare la comunicazione tra operatori sanitari e comunità locali, un aspetto questo che rischia di allungare le operazioni e necessità di molto personale sanitario e sociale.
Intanto cresce la paura nelle aree colpite dal virus. Secondo alcune testimonianze, le persone hanno persino smesso di stringersi la mano. Bar, ristoranti e uffici a Mbandaka hanno iniziato a fornire sapone e bacinelle d’acqua per far sì che le persone si lavino le mani come mezzo per prevenire la diffusione della malattia.
Infine c’è la preoccupazione che Ebola possa arrivare ad assediare la capitale Kinshasa e i centri vicini. Sarebbe un disastro. Mbandaka, la città colpita, è un grande centro, ha oltre un milione di abitanti ed è un importante snodo sul fiume Congo sul quale, diversi chilometri a valle c’è anche Kinshasa. Ma non essendoci strade in tutto il paese il fiume è una sorta di autostrada che collega le due città. Ebola potrebbe arrivare attraverso il Grande fiume Congo.

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COX’S BAZAR: NEI CAMPI DEI ROHINGYA, I PIÙ PERSEGUITATI DELLA TERRA (Sumon Corraya)

Rohingya Flee Into Bangladesh As Crisis DeepensNegli accampamenti manca acqua potabile, gas e legna per cucinare. I profughi si arrangiano come possono, e spesso rimangono coinvolti in attività illegali. I crimini proliferano dopo le 4 del pomeriggio, quando i campi vengono chiusi ai visitatori esterni. Il reportage dell’inviato.

Nel distretto bengalese di Cox’s Bazar, una stretta lingua di terra al confine con il Myanmar, l’esistenza dei rifugiati Rohingya continua ad essere penosa: manca acqua potabile pulita, cibo e medicinali. I profughi hanno trovato rifugio sulle colline del distretto, ma temono le alluvioni e le valanghe tipiche della stagione dei monsoni. . L’inviato di AsiaNews ha visitato gli accampamenti e raccolto testimonianze della difficile vita di tutti i giorni. Intanto il Myanmar si è detto di nuovo pronto a rimpatriare i profughi musulmani Rohingya “dopo le verifiche”. Lo ha ribadito ieri Aung San Suu Kyi durante un incontro di un’ora con una delegazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.    Continua nell’ ALLEGATO

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ALFIE E QUANTO DOBBIAMO PRETENDERE ORA (Francesca Lozito)

3. Alfie-respiraFa male e ormai non fa nemmeno più rabbia l’abdicazione della medicina palliativa che dovrebbe far sentire questi bambini e i loro genitori curati perché protetti e accompagnati fino alla fine naturale della loro strada. E invece – per ragioni essenzialmente economiche – lascia un vuoto riempito solo dalle controversie legali

Gli inglesi devono prima scontrarsi con le loro contraddizioni per guardarle in faccia e fare un passo indietro. Per dire «abbiamo sbagliato». Forse è quanto sta succedendo in queste ore che, se il buon senso e la delicatezza vorrebbero fossero di silenzio, forse possono spingerci invece, ora che Alfie Evans è morto, a fare qualche riflessione.
Tre bambini: Ashya King nel 2014, Charlie Gard nel 2017 e Alfie Evans nel 2018. Troppi. Nel primo caso i genitori hanno dovuto letteralmente rapirlo per sottoporlo alla terapia coi protoni, un metodo di cura alternativo alla chemioterapia per quei tumori che si trovano in posizioni a rischio. Costosissimo. Per la Gran Bretagna fuori dai budget della sanità. Da quello che sappiamo il bambino che fu prima portato nella casa delle vacanze in Spagna e poi sottoposto alle cure a Praga è vivo. Allora la Gran Bretagna emise un mandato di cattura internazionale per i genitori. La natura del male e forse anche le condizioni economiche avevano permesso alla coppia di fare questo gesto estremo e disperato. Espatriare, quando la tua patria non ti da ascolto.       Continua nell’ ALLEGATO

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IL SILENZIO ASSORDANTE SUL MASSACRO DEI CURDI (Marco Rovelli)

7. Il silenzio assordante sFin dove arriva l’estensione dell’impunità? Fin dove ci si può spingere nel massacro e nel disprezzo del diritto? Fin dove si può farlo nella più totale indifferenza della comunità internazionale e dei media?

Erdogan ci sta mostrando sul campo che questi confini sono assai estensibili. Quella porzione di Medio Oriente che dopo la dissoluzione dell’Impero ottomano prese il nome di Siria, e che adesso si è dissolta a sua volta, è il luogo ideale per riplasmare i confini di ciò che è lecito. Ed è lecito tutto ciò che si può fare, come nello stato di natura di Hobbes e Spinoza. In quello stato di natura non esiste alcuno Stato civile: l’assoluta libertà di massacro di Erdogan, allora, ci mostra che non è collassata solo la sovranità statale siriana, ma pure qualsiasi simulacro di comunità internazionale. Erdogan ha di fatto invaso la Siria, e tutto accade come nulla fosse: perché, dal punto di vista di una comunità internazionale, che non esiste in quanto comunità normata da un diritto, nulla è, in effetti. Erdogan massacra i curdi, tanto combattenti quanto civili, e, ancora, nulla è. I curdi del resto sono da cent’anni l’assoluto rimosso del Medio Oriente, vittima silenziosa delle strategie delle sovranità statali.      Continua nell’ ALLEGATO

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