Articles Tagged with Riflessioni

Notiziario – riflessioni

Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,
quello che presentiamo è un numero straordinario, pressoché interamente dedicato all’Afghanistan. Gli eventi che lo hanno travolto, materializzando in pochi giorni i fantasmi che inutilmente per vent’anni si era cercato di tenere lontani, ci impongono un percorso di riflessione che, con questo numero, intendiamo iniziare.
Per cultura e per fede siamo da sempre contrari alla guerra, a qualsiasi tipo di guerra. Ma quella portata in Afghanistan, all’indomani dell’attentato alle Torri gemelle, ci è sembrata la più sciagurata di tutte per i modi, i tempi e soprattutto per il dispendio di vite umane e di risorse. Noi piangiamo i nostri 53 morti, ma ad essi vanno aggiunti, per essere onesti, le centinaia di migliaia di vittime che la guerra ha fatto, compresi quelli che si stanno aggiungendo in questi giorni.
L’evacuazione improvvisa e disordinata di Kabul ha fatto riemergere da un passato, che credevamo lontano, lo spettro del Vietnam. Ma la situazione di oggi, rispetto a quella di 46 anni fa, è molto peggiore per almeno tre motivi.          Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico con le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

                            com’era immaginabile, al termine di queste strane e entusiasmanti Olimpiadi, nelle quali abbiamo visto il successo in tante discipline propiziato  di tanti nostri atleti non nati in Italia o figli di genitori non nati in Italia, è prepotentemente tornato alla ribalta il dibattito intorno allo ius soli/ius culturae, cioè alla concessione della cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia, se almeno uno dei due genitori si trova legalmente in Italia da almeno 5 anni o se hanno superato almeno un ciclo scolastico.
E, com’era altrettanto immaginabile, passato velocemente l’entusiasmo sportivo, siamo ripiombati nelle discussioni e nelle polemiche di sempre.
Sappiamo benissimo che l’argomento non si esaurisce con un articolo, tuttavia mi sembra interessante il botta e risposta comparso due giorni fa sul quotidiano AVVENIRE  tra un lettore e il suo direttore Marco Tarquinio e che qui riportiamo integralmente.          Continua nell ALLEGATO

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

sono stati tanti gli avvenimenti che in questi 20 giorni hanno riempito i nostri giornali e invaso gli schermi televisivi. Tuttavia credo che uno su tutti meriti un’aggiunta di attenzione: il G8 di Genova. E questo non solo e non tanto per le violenze che li hanno funestati e che giustamente sono state stigmatizzate, quanto per i contenuti innovativi che tanti, giovani e no, hanno sostenuto in quei giorni. Contenuti, proposte e critiche di cui oggi costatiamo una validità quasi profetica. Tra le tante riflessioni mi piace riportare quella a firma di Daniele GIANOLLA, tratta dal blog “Vino Nuovo”.
“Dov’eravate vent’anni fa, nei giorni intorno al 20 luglio? Io non ero a Genova, ma molte altre persone sì e lo ricordano bene. Chi fosse scarsamente informato sui fatti del G8 del 2001 può trovare in questi giorni, praticamente su tutte le testate italiane (ma anche internazionali), ricostruzioni dettagliate di quel tragico susseguirsi di eventi che accompagnò la riunione degli Otto Grandi potenti della Terra. Gli articoli più accurati sono quelli che non si limitano a ricordare le forti emozioni di quei giorni, ma che partono da prima, dalla descrizione di come prese vita il movimento di protesta in risposta al grande dibattito socio-economico che ha caratterizzato tutti gli anni ’90, fino all’inizio del Nuovo Millennio.           Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico Fantoni con le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,
credo che lo sconcerto e l’orrore che hanno provocato le immagini registrate nel Carcere di Santa Maria Capa Vetere, meritino un po’ di approfondimento, anche per evitare sia strumentalizzazioni sia sterili quanto inutili divisione in opposte fazioni. Sulle carceri infatti si gioca la credibilità di una bella fetta della nostra Costituzione.
Per questo riportiamo la lettera, datata 3 luglio, scritta al quotidiano AVVENIRE da don Daniele Simonazzi, co-cappellano del Carcere di Reggio Emilia.

Gentile direttore,
le scrivo in merito agli articoli apparsi su “Avvenire” prima che prendesse spazio il caso del carcere di S. Maria Capua Vetere, che ha scosso tanti, quasi tutti. “Avvenire” è un giornale che sentiamo nostro e forse è l’unico – mi permetta – “da galera”. E quindi grazie! Sono cappellano in carcere da oltre trent’anni; prima lo sono stato in quello che era l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario e ora proseguo, con il mio confratello don Matteo, il ministero oltre che nelle sezioni dell’Articolazione della salute mentale (Asm) anche, di fatto, in altre due sezioni. Scrivo perché vorrei condividere con lei e con la ministra Marta Cartabia alcune considerazioni.         
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Enrico con le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

è solo passata da una settimana dall’incontro UE dove si sarebbe dovuto parlare di migrazioni e del destino dei migranti, tanto più che pochi giorni prima era stata ricordata a livello internazionale la Giornata del Rifugiato, con spreco di belle parole e buone intenzioni. Cos’è rimasto di tutto questo?
Proponiamo queste due riflessioni, la prima del direttore di Avvenire Marco TARQUINIO e la seconda della Comunità di SANT’EGIDIO. Sono molto diverse tra di loro, ma hanno in comune la stessa triste conclusione: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire!
Roma e Berlino sono d’accordo su parecchie cose: dalla lotta al Covid e alle sue conseguenze socioeconomiche a cruciali dettagli degli Europei di calcio. Mario Draghi e Angela Merkel lo hanno confermato ieri, al termine del loro vertice bilaterale in vista del prossimo Consiglio Ue. E questa è una buona notizia per i due Paesi fratelli, per l’Europa e per un bel pezzo di mondo.
Non per tutto il mondo e non per tutti. E questo può anche apparire scontato: Italia e Germania qualche avversario ce l’hanno, eccome. Ma c’è qualcosa che scontato non è nello scontento per le convergenze italo-tedesche. È un’assenza, il vuoto scavato dal dolore di tante persone che non hanno voce. Quel dolore non ha trovato eco, neppure piccola, nelle parole di due grandi e apprezzati leader dell’Unione.          Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

                               il 12 giugno scorso è stata ricordata la GIORNATA MONDIALE  CONTRO LO SFRUTTAMENTO DEL LAVORO MINORILE e, al di là dei bei discorsi di principio, è stata l’occasione per fare il punto su una reltà sempre molto scottante che spesso, dall’Africa all’India, dal Bangladesh all’America Latina, passando dall’Europa, occupa le prime pagine dei giornali.
Purtroppo i dati che ci vengono forniti dall’UNICEF e dall’ILO-OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sono allarmanti. 160 milioni è la cifra assoluta, a livello mondiale, di bambini che lavorano e, per la prima volta, negli ultimi vent’anni, il loro numero torna a crescere, al punto che, dopo 18 mesi di isolamento e di chiusure più o meno totali, il loro numero è aumentato del 10%. Un’altra conseguenza della pandemia?
In primo luogo va chiarito che quando si parla di lavoro minorile non si tratta di far bagnare l’orto o di accudire gli animali domestici che possediamo. Si parla di Minori, spesso con poco più di 6 anni, che svolgono lavori pesanti e logoranti. Si tratta di bambini che saltano tutte le tappe del loro normale sviluppo fisico e psicologico per essere proiettati in un mondo che non è il loro, è popolato da adulti e in più è pericoloso.          Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico e le Commissioni Missioni e Migrantes

Carissime, Carissimi,

il 23 maggio Musa Balde, un ragazzo della Guinea di 23 anni si impicca nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Torino.
Il 5 giugno Seid Visin, un giovane di 20 anni, originario dell’Etiopia, si toglie la vita a Nocera Inferiore.
Dal 29 aprile è scomparsa dalla provincia di Reggio Emilia Saman Abbas, una ragazza pakistana appena maggiorenne, molto probabilmente uccisa dalla sua famiglia.
Tre storie diversissime tra loro, che si sono concluse nel modo peggiore benché in tre luoghi distantissimi lungo la penisola, quasi a dimostrare quanto sia difficile essere stranieri oggi in Italia.
Musa Balde era stato oggetto di un feroce pestaggio due settimane prima e non riusciva a capire perché lui, la vittima, fosse stato rinchiuso in una cella, mentre i suoi aggressori erano liberi. A modo suo ha riconquistato la “libertà”.
La vicenda di Seid, come ha più volte ribadito il padre adottivo, non ha niente a che vedere con il razzismo, anche se una sua lettera scritta due anni prima era molto dura nei confronti di certi “sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone”. E tuttavia togliersi la vita a vent’anni è un segnale di profondo disagio verso di sé e verso gli altri.          Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

abbiamo fatto davvero fatica a trovare per questa settimana un’immagine di copertina che non fosse il richiamo di una tragedia e soprattutto di una tragedia annunciata. Perché purtroppo sia che si tratti di una funivia che cade o di un barcone che naufraga, sappiamo in anticipo che, con i mezzi tecnologici di cui disponiamo, che per il 99,9% non si tratta mai di una fatalità. E per questo le parole che si dicono sono sempre inadeguate, perché inadeguato è stato il comportamento di si è reso responsabile di quelle tragedie.
Per questo mi sembra davvero adatta alla situazione attuale questa riflessione sulla vita dei santi curata da Marco PAPPALARDO, per il sito Vino Nuovo.
“I santi e i beati sono come un faro che non fa luce per sé, ma per indicare la via. Sono come le stelle che brillano di luce propria, ma illuminano il cielo per tutti. Sono tanti e diversi, alcuni persino unici come nel caso di Rosario LIVATINO che è il primo giudice beato nella storia della Chiesa!          Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico con le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

                       la fragile tregua firmata tra Israele e Hamas sottolinea in modo ancor più drammatico il perdurare di un conflitto che da oltre 70anni non solo non accenna a diminuire, ma tende a divenire cronico e senza alcuna soluzione che non sia la violenza.
Tuttavia in questo panorama, che sembra senza speranza, ci piace mettere in evidenza  la riflessione di un gruppo di giovani ebrei italiani che con coraggio e fuori da ogni coro, valutano questa situazione.
È un piccolo segno, certo, ma resta comunque un segno che c’è.

Siamo un gruppo di giovani ebree ed ebrei italiani.
In questo momento drammatico e di escalation della violenza sentiamo il bisogno di prendere la parola e dire #NotInOurNames, unendoci ai nostri compagni e compagne attivisti in Israele e Palestina e al resto delle comunità ebraiche della diaspora che stanno facendo lo stesso.
Abbiamo già preso posizione come gruppo quest’estate condannando il piano di annessione dei territori della Cisgiordania da parte del governo israeliano e il nostro percorso prosegue nella sua formazione e autodefinizione.         
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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,                                                               

«La Terra Santa brucia! Noi vi preghiamo, fermate questo inferno.
Con queste parole di Fr. Ibrahim Faltas ofm, che ci giungono oggi da Gerusalemme, noi vi imploriamo di compiere tutto ciò che è in vostro potere per fermare quello che sta accadendo, e che state anche personalmente vivendo.
A Gerusalemme, in Israele, in Palestina, vive un mosaico di popolazione in uno stesso territorio. Su questa terra, che miliardi di persone al mondo considerano Santa, non può continuare a spargersi sangue, sangue innocente, sangue di civili e donne, sangue di bambini».

Così inizia un accorato appello che la città di Assisi ha voluto inviare a Israeliani a Palestinesi che si fronteggiano in un drammatico scontro che pare senza tempo e senza fine. Pochi giorni prima era stato il Patriarcato latino di Gerusalemme a far sentire la propria voce.          Continua nell’ ALLEGATO

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