Le insidie di uno sviluppo sul modello dell’Occidente. Un progetto su misura dei pochi
Sulle moto di Niamey si trasporta di tutto. Chi sta dietro carica uno specchio da salotto rinascimentale largo quanto le braccia oppure un vitello di medie proporzioni adagiato sul sedile. Fasci di legna, 4 o 5 bambini da portare a scuola con gli zaini colorati di rosa. Viaggia con una delle mogli che tiene a bada un sacco di riso coi condimenti. Sotto la Tabaski, alla fine del Ramadan appena iniziato, non sono rari i montoni o gli agnelli che prendono l’ultima aria libera. Il passeggero porta alcuni sacchi di fieno, bidoni di plastica per l’acqua, barre zigrinate per le costruzioni, tubi in plastica e letti da campo per la stagione calda. Altri materiali da costruzione sono occasionali e sovradimensionati. Le porte con vetri inseriti fungono da vele che orientano il tragitto della moto fino a destinazione. Questo è il paese reale di cui poco si parla.
Il paese finto è quello dei migranti commercializzati alle agenzie e delle frontiere di sabbia che li seppellisce perché illegali come la vita dei poveri. La finzione si definisce tramite la modernizzazione dell’aeroporto già concepito, il progetto di un nuovo Palazzo dei Congressi e del potenziamento degli hotel della capitale. Continua nell’ ALLEGATO
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